Laos, il bello e il brutto
Paese bifronte: aperto e chiuso allo stesso tempo. Comunista e buddista, povero e turistico. Bei paesaggi, ma la Cina è in agguato.
Mercatini e cibo di strada. Il piccolo commercio è l’attività principale dei laotiani, condotta soprattutto dalle donne.
Il primo impatto è sorprendente. Il Laos è più conquistato al turismo di quel che non si immagini. La Cina è vicina, e si sente. Il modello di sfruttamento del territorio è aggressivo: grandi strutture, treno veloce che collega direttamente i due Paesi, superstrada tra i luoghi più battuti. Ma anche l’Occidente fa da modello al turismo di massa: bar e ristoranti con musica americana sono pieni di giovani europei e asiatici. Sono molti qui, costa poco, si beve senza problemi, è sicuro, e si può passare da uno Stato all’altro col bus, senza usare l’aereo.
Il turismo è concentrato in un percorso quasi obbligato tra le principali città e suggestivi spot naturali. Difficile muoversi al di fuori dei circuiti, come piace a me, i collegamenti sono lenti e non sempre ci sono sistemazioni per dormire. Il turismo è per lo più organizzato a uso dei vicini cinesi, che viaggiano in gruppo e per periodi brevissimi.
Defilato rispetto ai più famosi Vietnam e Tailandia, il Laos è un Paese povero, classificato tra gli ultimi al mondo nelle statistiche Onu. La realtà che corre parallela al turismo è in effetti piuttosto misera e, come ci racconta S., il governo fa poco o niente per il popolo. Altro che comunismo. Le strade sono piene di buche, mancano i servizi essenziali, le opportunità economiche non esistono. Lo si vede a occhio nudo: quasi tutti vivono di piccolissimo commercio e street food.
Dal 1975 il Laos è un Paese comunista. Prima c’era il re e prima ancora i colonialisti francesi. Fa un certo effetto vedere bandiere rosse e falce e martello ovunque. Una volta mi sarei emozionata, adesso non più.
La gente non guadagna abbastanza per andarsene e il passaporto è una concessione rara. Non c’è opposizione, bisogna obbedire. La corruzione è alta, si paga tutto, compresa la scuola pubblica. Non se la passano bene quaggiù. Per molti giovani il monastero è l’unica strada. Dentro si può avere un’istruzione gratuita ma la vita è troppo dura, e ormai ci sono i cellulari a distrarre dalla meditazione. Dopo un po’ si lascia per tentare un’esistenza normale di matrimonio e lavoro.
Il buddhismo Theravada, basato sull’insegnamento degli anziani, è la religione più praticata in Laos. I templi sono pieni di fedeli e i monaci vivono di donazioni di cibo e denaro. Anch’io ho fatto la mia, alle sei del mattino, quando i monaci escono a gruppi a cercare il cibo da consumare nella giornata.
Attraversando i villaggi a bordo dei piccoli bus, si nota una sfilza di cartelli che vendono e affittano la terra. Molta la sta comprando la Cina e ai proprietari il governo lascia una manciata di kip, una moneta che non vale niente e che fa il benessere di chi viene qui in vacanza. Mi piange il cuore a pensare che la bellissima foresta in cui ho camminato in questi giorni il prossimo anno non ci sarà più: spazzata via da un campo da golf, completo di resort e piscine.
Passeggiando nei dintorni di Vang Vieng, una stazione di posta cresciuta in fretta e furia negli ultimi anni come località di villeggiatura. La bellissima natura viene sconvolta per uso turistico, i villaggi rimossi, la gente spostata.
Ma il turismo non è l’unico motivo dell’assalto. Ci sono anche le risorse, la preziosa acqua del Mekong, che dalla Cina attraversa tutto il Sud-Est asiatico per 4 880 km, assicurando il sostentamento di milioni e milioni di persone. Il proliferare di grandi dighe cinesi, tailandesi e laotiane lo sta prosciugando. Noi, da Luang Prabang, che sorge sulle sue rive, lo vediamo basso. E’ la stagione secca, certo, ma gli immensi bacini gli tolgono l’acqua.
Viaggiando si impara. E si incontra il bello e il brutto del mondo. D’altronde, si viaggia per questo, per capire come stanno le cose, e dove vanno, anche se fa male.
Meraviglioso Mekong, “madre delle acque”, eccomi qui. Da molto tempo desideravo incontrarti.
Dopo Vientiane, Vang Vieng e Luang Prabang ce la prendiamo con calma, prossima destinazione da definire. Ci risentiamo presto.
Qui un po’ di foto belle di queste prime due settimane in Laos
Grazie Cris.. il finale sul Mekong riporta la pace.. 😌
Laos, Cambogia, Vietnam, Corea, chi se li ricorda ? Bene il tuo post soprattutto in questo momento ! Buon lavoro.