L'infinito viaggiare
La differenza tra il viaggiatore e il nomade è che il nomade non torna. Va solamente, e transita.
Ciao, benvenuto e benvenuta tra i Pensieri Nomadi 🌹
Siamo agli ultimi preparativi e nel pomeriggio ci imbarchiamo con amici su questo veliero d’altri tempi.
L’ha costruito Francesco Nanni in Canada, tutto in legno e senza elettronica, seguendo i dettami dei maestri d’ascia del Nordamerica. E poi è arrivato fino al Monte Argentario navigando senza motore. E’ una barca molto speciale. Si chiama Mahayana, che nella tradizione buddhista è il vascello che conduce all’illuminazione, e il suo progetto illuminato è quello di sensibilizzare sull’inquinamento da plastica in mare. The Blue Dream Project lavora con il WWF e le scuole, fa campagne di informazione e di ricerca scientifica nel Mediterraneo. Se vuoi partecipare clicca qui.
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Stamattina sono sveglia presto e finisco di scrivere questo pensiero che mi gira in testa da un po’.
Sto riflettendo molto in questo periodo sulla condizione di nomade che sto vivendo negli ultimi anni. Mi ci ha fatto pensare
quando è venuto a Monte Maria a intervistarmi.Fai tanti viaggi, mi ha chiesto, o stai facendo un unico grande viaggio?
Nei Pensieri Nomadi ogni settimana condivido la mia esperienza: il cambiamento di vita, la scelta nomade, i valori che mi ispirano, la bellezza dei viaggi e degli incontri.
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Da quando ho lasciato la casa, dopo il lavoro fisso, sto in effetti facendo un unico grande viaggio che ha una caratteristica: quella di non finire. Nel viaggio il ritorno è essenziale tanto quanto l’andata, nel nomadismo no.
Il nomade non torna, il viaggiatore si. Il viaggio può essere una parentesi, anche lunga, in un' esistenza che poi in un certo senso si richiude.
Il nomade vive una vita aperta. Nella sua geografia non ci sono luoghi dove tornare per fermarsi ma soltanto luoghi dove sostare, per poi ripartire.
E’ questa la condizione esistenziale che vivo oggi. Le ho sperimentato entrambe e sono molto diverse tra loro, dal punto di vista materiale e psicologico.
Questo non significa che io non abbia dei luoghi del cuore. Li ho eccome, e mi piace molto andarci. Ma sono sempre in transito, qualunque sia il tempo di permanenza, un paio di settimane o qualche mese. Per adesso è questo il massimo della mia restanza
Ovunque, all'estero come in Italia. Nella più remota delle isole come nella mia città natale.
Vivo in una specie di infinito viaggiare, un' espressione meravigliosa che mutuo da Claudio Magris. Che chiama a un tipo di relazione coi luoghi e le persone che potrei definire intensiva: quando ci sono, ci sono, o almeno tento di esserci, con tutta me stessa. Poi vado.
Una sorta di metafora della vita, che prende valore dalla sua limitatezza. Partire è un po' morire, dice il proverbio, ed è molto vero.
Quello che mi fa sentire libera e leggera è proprio il transitare. Funziona però se alla dislocazione geografica si accompagna un andare interno, parallelo e profondo. Tappa dopo tappa, momento dopo momento, mondo dopo mondo, incontro dopo incontro. E tu ci sei, ma senza attaccamento.
Funziona se non hai paura del distacco e del non ritorno. Ogni tanto sopraggiunge e ci lavoro sopra per tenere il cerchio aperto per la prossima tappa. Può essere faticoso, ma è vitale.
Il segreto per non sentirsi soli è tenere i fili, io li tesso continuamente nella presenza e nell’assenza, con il mio compagno quando non c’è e con i miei affetti più importanti. Oggi ci sono tutti i mezzi per farlo e non bisogna sparire, o perdersi.
Amo e ricerco la solitudine, ma coltivando nel cuore la ricchezza delle relazioni. Altrimenti sarebbe fuga o isolamento, e, guai, farebbe male e non avrebbe senso.
Un punto di riferimento costante e molto forte lo trovo nel lavoro, mio fedele compagno in ogni transito. Un’ancora di cui non potrei fare a meno non soltanto materialmente ma anche psicologicamente. Mi tiene agganciata alla società e coi piedi per terra, altrimenti volerei via.
Fluisci come un fiume, dice Thay, grande maestro zen. Ed è questa la mia ispirazione, o forse il motivo stesso per cui vale vivere. Seguirsi e seguire il flusso della realtà.
Non imprigionarsi e tenere il cerchio aperto.
Senza ideologie, oggi è così e domani potrà essere diverso, se diversa sarò io o diverse saranno le situazioni intorno a me. Se c'è una cosa che ho imparato in questi anni è la sinuosità dell'andare, come il fiume che dolcemente si adatta alle anse che incontra al suo passare.
In questa mia vita nomade è la realtà che mi viene incontro, piuttosto che io a lei. Sempre più spesso mi sembra di decidere ben poco, le cose accadono e si fanno facendole. E io vado con loro.
Ti lascio due spunti intelligenti sul tema del ritorno.
, La fine del viaggio. Quindi adesso che vuoi fare? , Chi mi conosce veramente? Rivedere i propri amici dopo quasi due anni
Mi tuffo in questa tua riflessione, con il piacere di un tuffo in mare. Mi muovo poco da casa, o certamente non quanto te ma in qualche modo la dimensione del nomadismo la sento sempre di più. Si perché le parole viaggio e Vita stanno bene insieme e spesso si confondono anche per chi non macina chilometri.
Un nomade è iun Senza....e ognuno può mettere i suoi senza. Per me è senza patria, senza frontiere, senza meta, senza ideologie, senza condizionamento, nei momenti migliori senza nome....e potrei continuare a lungo.
Vivo a Milano in una casa con una famiglia ancora numerosa ma una parte di me è sganciata. Forse nomade sul posto.
Fluida come il fiume dei Maestri. Un po' in volo, sospesa da terra , a volte mi pare anche troppo , non in quanto distratta ma protesa , più ampia del corpo . Qui ma in un ovunque o forse in un luogo fatto di tutti i luoghi che ho visitato ma da cui probabilmente non sono mai tornata. Impastata di vento, di sale, di roccia, di incontri.
Essere nomadi sul posto, permette di essere più leggeri, permette di stare in mezzo ad una discussione e viverla con la leggerezza di chi non vi mette radici, allena a guardare i problemi come parte del.paesaggio e lasciare che scorrano, insegna che dei momenti di sosta sono necessari e che casa è l'universo intero.
Aspetto i racconti dal veliero.
Sono a Corinto. Troppo caldo per stare all'aperto. Ecco, mi spaventano un po' i fastidi che puoi incontrare quando non sei nella tua cuccia: il troppo caldo o il troppo freddo, il troppo umido o il troppo ventoso, la nostalgia per qualcosa o qualcuno, la stanchezza di un cammino lungo senza ripari. Ecco perché mi considero una viaggiatrice, sempre pronta a partire, ma anche contenta di tornare. Forse perché sono nonna, forse perché amo tanto la casa con annessi e connessi....Ma sono aperta a tutte le opportunità e ho sempre lo zaino pronto!