Profughi prima che bambini
Questo meraviglioso bambino si chiama Mohammed, è iraniano e ha nove anni. Ma per le istituzioni prima di essere un bambino è un profugo transitante.
Mohammed ha una faccina molto intelligente, è vispo e parla un ottimo inglese. Sa un sacco di lingue, anche un po' di cinese, imparato da autodidatta coi videogiochi. E' grazie a lui che comunichiamo con gli adulti che parlano soltanto farsi, la lingua persiana: sua mamma, sua nonna e una coppia di altri giovani genitori scappati lasciando i figli in patria nella speranza di ricongiungersi in Europa.
Sono tutti iraniani, fuggiti da un paese che li perseguita e non consente loro di vivere una vita dignitosa e libera. Li ho incontrati al centro di Rete Milano, una straordinaria associazione che grazie alle volontarie e ai volontari, e soprattutto alla tenacia e alla determinazione della sua presidente Fausta Chicca Omodeo Sale, accoglie per una prima emergenza i profughi transitanti a Milano diretti verso il Nord Europa.
Offrono loro un appoggio in città, cibo, vestiti puliti e scarpe, la possibilità di lavarsi e di pernottare qualche notte, informazioni utili per proseguire il viaggio. Soprattutto offre umanità a chi arriva per lo più dalla maledetta rotta balcanica, dopo infinite peripezie, fughe, violenze, torture.
Mohammed e la sua famiglia sono iraniani di etnia araba e cristiani: ce le hanno proprio tutte per essere perseguitati. Il padre è stato ucciso sette mesi fa e la mamma e la nonna hanno deciso di andare via per provare a rifarsi una vita in Germania. Dall'Iran sono andati in Turchia e poi, con passaggi in macchina pagati chissà quanto e a piedi, sono arrivati fino qui, scampando a tutte le polizie. I croati sono i più violenti: li fiutano coi cani.
Mohammed mi conquista, ha una voglia matta di giocare ma è anche già molto adulto: traduce e trasferisce con precisione le informazioni che porteranno lui e la sua famiglia, si spera, al sicuro. Ci chiede se sui treni e sugli autobus in Italia fanno i controlli, qual è la rotta migliore per arrivare a destinazione. E' consapevole e sa tutto, mentre gioca col cellulare e mangia i biscotti. Un bambino come i nostri si direbbe, e invece no, per lui le cose sono terribilmente più complicate.
La sua famiglia non ha nessuno lassù, saranno soli. Sono intraprendenti e coraggiosi e lui, ne sono certa, crescerà un ragazzo speciale se la società saprà riparare alle ingiustizie e dargli l'istruzione che si merita, l'infanzia che si merita, il destino che si merita. Come ogni bambino e ogni bambina su questa terra.
Ma Mohammed, prima di essere un bambino, è un profugo transitante: significa che non ha diritti, è totalmente invisibile alle istituzioni e può essere respinto e bloccato infinite volte. Per fortuna c'è il cuore della gente. Che può superare ogni barriera, ogni confine, ogni razzismo.
Mohammed sarai sempre nel mio cuore.