Seychelles in autostop. Quattro storie
L'autostop è una cosa antica, non si fa più, o quasi. Tutti hanno la macchina e tutti hanno paura. Io non ho macchina, non guido e mi piacciono le persone (giugno 2022).
La bandiera come segnalatore di vento, isola di la Digue, giugno 2022.
Mi piace l'autostop perché è comodo ed economico. Perché amo l'incontro. E perché è una forma di resistenza a una ideologia che detesto: l'ideologia della sicurezza. Ci rende diffidenti l’uno verso l’altro, prima ancora di conoscerci. Siamo divisi, separati, in nome della sicurezza. Non mi lascio contagiare e pratico la fiducia nelle persone, in Italia e all’estero.
L’autostop è uno scambio, un atto di gratuità. Fa emergere i segreti del posto, e soprattutto racconta delle storie.
Queste le ho raccolte alle Seychelles. Ci ho viaggiato tante volte. A Mahè, l’isola principale, ci abitava mio papà.
Lo ieratico
Aspettiamo un po' alla fermata del bus che non arriva e poi mettiamo fuori il dito. Ancora nessuno. Un'auto si ferma finalmente in un piccolo slargo della strada. Lo ieratico scende, fa un cenno di saluto e si incammina per fotografare il paesaggio. È giovane, abbigliato con una tunica e barba scura.
Ma ci carica o no? All' apparenza incurante di noi, sembra girarci intorno circospetto. Ha bisogno di qualche momento per capire chi siamo, per rassicurarsi. È originario del Bangladesh con un nome impronunciabile. Informatico in Etiopia, è qui in vacanza per una settimana, tutto quello che può permettersi in un anno. Inizialmente serissimo, lo scopriamo gentile e disponibile durante il tragitto. Ci porta precise a destinazione, in direzione opposta alla sua.
L'avvocato sangue misto
Vorremmo andare a camminare, il tempo non è buono e del bus nessuna traccia.
Dito. Camicia bianca, finestrino abbassato, sorriso bianco in un tipico viso creolo. È un avvocato, mezzo seychellese e mezzo caraibico, vive mezzo a Mahe e mezzo a New York, a stare sempre sull' isola alla fine ci si annoia.
Mentre ci accompagna telefona per lavoro. Piove e vuole sapere se la nostra meta sia ancora la stessa. Dove vi porto? Ma si, ci proviamo. Il trekking che ci aspetta è molto bello, ci incentiva, lo ha fatto più volte. Ciao Stefan, grazie, sei proprio un bel ragazzo.
Il silenzioso
In un punto più sperduto dell'isola, i bus sono radi. Meno male che si è fermato. Andiamo a Victoria. Ok. Ha una macchina vecchiotta e anelli su tutte le dita. Fa strade alternative tra le case, che non abbiamo ancora mai attraversato.
Ma dove sta andando? Non dice una parola fino al mercato. Va bene qui? Perfette.
Darrel, il militare
Sono le sette del mattino, devo andare all'ospedale da mio papà e sono in ritardo. Dopo mezz'ora di attesa del bus, si ferma una gip militare. Un po' titubante, mi siedo accanto al guidatore, occhiali scuri e divisa mimetica.
Oddio, sarà legale qui l'autostop? Mi carica o mi arresta?
I pensieri nefasti spariscono in cinque minuti. La strada è trafficata e in coda la nostra conversazione si fa approfondita. Come si sta alle Seychelles, cosa faccio, da dove vengo. Non sono sposata e non ho figli: ride, davvero? Io ho 35 anni e tre maschi. Tra un po' lascio il servizio nell'esercito e mi metto in proprio.
Sei cristiana? Mi piace la spiritualità nelle persone, rispondo. Sei una donna libera, vivi la vita in modo semplice. Rimango sorpresa dalle sue parole, due mondi così lontani eppure ci capiamo.
Addio Darrel, good luck.
Questi sono i Pensieri Nomadi. Nella newsletter settimanale condivido la mia esperienza: il cambiamento di vita, la scelta nomade, i valori che mi ispirano, la bellezza dei viaggi e degli incontri.