Tahiti, adieu. Che cosa sei stata per me
Pensieri in transito. Papeete-Los Angeles-Parigi-Milano, 11 giugno 2022
“Heiva” delle scuole, Tahiti, 10 giugno 2022. La grande kermesse di danza e musica che a giugno coinvolge le scuole e a luglio i professionisti.
Non ho avuto testa per scrivere in questi ultimi giorni polinesiani. Riprendo ora un po’ di consapevolezza, scrivendo dal posto 44 C sull’aereo Papeete-Paris, via Los Angeles. Fra una trentina di ore sarò a Milano, Italia, dopo quasi sette mesi di assenza.
Tahiti è stata il mio viaggio più lungo, il sogno di vivere all’estero. Lo perseguivo da molti anni, mai avrei pensato di realizzarlo proprio in Polinesia francese, in capo al mondo. Il mio marinaio mi ha chiamato qui, l’occasione. Adesso che sto andando, vedo chiaramente che ci sono arrivata, e con una certa naturalezza. Posso dire, per la prima volta, di aver abitato un posto diverso, di esserci stata. Con tutta la pienezza possibile.
Prefiguravo malinconia al distacco. Certo, guardando la perfetta sagoma di Moorea senza nuvole dal piccolo ovale, ce l’ho. Fenua, come i tahitiens chiamano questa terra sparsa in mille pezzi in mezzo all’oceano, ti cattura, ti attacchi, perché è specialissima.
Ma sento anche una profonda felicità, per la bellezza che mi porto via: i volti, gli incontri, la musica nella laguna, i coralli, le corone di fiori, la luce. E io in mezzo a tutto questo, non come estranea, ma vivacemente toccata, e trasformata.
Stamattina prestissimo, sbarcando nell’aria ancora buia, ho avuto in estremo due doni: una grande luna bianca al tramonto sull’orizzonte e una coppia di pesci guizzanti, nitidi sotto la scaletta del catamarano.
Maururu Fenua, merci beaucoup, sarai per sempre nel mio cuore.
Ho viaggiato per molte isole e ho abitato in Rue Papeava, 94, Papeete. Ho vissuto negli scenari verdeazzurri che ti tolgono il fiato e nel quartiere più popolare della città. In mezzo alla gente, alle bande di cani giù nel fiume, ai rumori dei bambini e delle case, ai canti dei galli, agli scugnizzi di strada.
E tutto è Polinesia, mi raccomando. Anche il traffico di Tahiti, l’obesità delle donne, i senza dimora di père Christophe, le navi mostro a Fakarava, la ferita degli esperimenti nucleari, il potere dei francesi.
Viaggiare è accettare anche quello che non ci piace, che non vorremmo vedere. Altrimenti è turismo, sorvolo, cartolina. Viaggiare è avvicinarsi con rispetto, ascoltare il luogo, scambiare, e possibilmente lasciare qualcosa di sé.
Infinitamente lontana per dire arrivederci, è più onesto dire addio. Non ci tengo a indovinare troppo il mio futuro, dove sarò, cosa farò. Mi sento meglio in un giorno dopo giorno, da vivere fino all’ultima goccia.
Ho scoperto in questi anni che sono i luoghi a scegliere me, piuttosto che io a scegliere loro.
Adieu Tahiti, con immensa gratitudine.
Ti lascio quest'ultimo post polinesiano con il bellissimo saluto tahitiano che, come mi ha spiegato Enoha, è molto più di un saluto, è una benedizione che le persone si scambiano ogni volta che si incontrano.
Ia ora na! Che tu possa vivere una vita di luce.