Uno sguardo su Hong Kong attraverso tre incontri
Grazie allo scambio con le persone, si può vedere qualcosa in più di quei luoghi lontani
Ho lasciato HK alla volta del Giappone, e comincio a metabolizzare qualche idea che mi sono fatta di questo posto. Soprattutto grazie agli incontri locali, che sempre ti lasciano qualcosa in più.
Ho avuto infatti l' occasione di passare un po’ di tempo con persone che conoscono l’inglese - lo sanno ancora in pochi da queste parti - che mi hanno raccontato qualche aspetto interessante che mi fa piacere condividere qui.
Daniel e Waney
Sono giovani e stanno abbastanza bene, tanto che sono in partenza per Bali a fare un paio di settimane di vacanza. Bali è una meta economica, tarata sui livelli di reddito asiatici, ben inferiori a quelli occidentali, e quindi accessibile a un ceto medio cui questi ragazzi sembrano appartenere.
Li incontro la sera stessa del mio arrivo, è il compleanno di Daniel e andiamo a cena in un ristorantino thay. La cultura culinaria di HK è internazionale, a differenza di quella della Cina continentale, e gli abitanti amano le diverse cucine asiatiche. Siamo una bella tavolata, l' equipaggio italo-cinese della barca su cui lavora il mio compagno, io e la moglie del festeggiato, Waney.
Sono simpatici e aperti e, con un gesto di gentilezza e ospitalità inaspettata, alla fine della cena mi regalano un paio di orecchini di benvenuto. Poi, mi invitano l' indomani a visitare insieme la città. Accetto felicissima di questa opportunità che non avrei pensato di trovare.
È facile orientarsi coi mezzi e li raggiungo alla stazione della metropolitana nel quartiere dove risiedono. Abitano al 41°piano di uno di quegli immensi caseggiati che riescono a stipare 8 milioni di persone in un territorio piccolissimo. Per due stanze senza balcone in un grattacielo nuovo pagano un affitto equivalente a circa 1500 euro al mese.
Gli alloggi sono un grave problema qui, mi raccontano. Quelli che dal basso sembrano veri e propri alveari hanno prezzi da capogiro, dai 400 000 al milione di euro. Se non ti puoi permettere una casa privata, devi fare domanda per averne una pubblica - sempre negli alveari, ma questa volta più vecchi e cadenti. Le liste di attesa possono durare 25-30 anni; conviene quindi compilare il modulo subito, a 18 anni, per provare ad averla intorno ai 40-50, così mi spiegano.
A meno che non sei un impiegato dello Stato (forze dell'ordine, postini, addetti ai diversi servizi ecc.) com’è Daniel, che fa parte di quella che scopro essere l' ambita categoria dei funzionari pubblici. Possono avere una casa, sono coperti dall'assicurazione sanitaria, hanno scuola gratuita per i figli, pensionamento. Un sacco di garanzie che gli altri lavoratori non hanno.
Quindi, nel luogo simbolo della globalizzazione, nel centro del commercio mondiale e finanziario qual è HK, il gruppo sociale privilegiato è quello degli impiegati nella burocrazia statale!
Per Daniel e Waney un figlio costa comunque troppo, non se lo possono permettere. Ed è così per la maggior parte dei giovani. A differenza di altre “Asie” che ho visitato, qui infatti colpisce la quantità di popolazione anziana. Il processo è lo stesso dell' Occidente: sono complessivamente più ricchi degli indonesiani o dei vietnamiti, quindi più vecchi e forse più soli.
Non so se sia un caso, ma la quantità di animali da compagnia che vedo scorrere è sorprendente. Non solo si portano a spasso i cani nei passeggini, ma anche gli uccelli.
Chiaccherando di tutto, mi accompagnano a visitare i punti più famosi del centro città. Mi sembra di stare in un luna park di grattacieli scintillanti, ponti, passerelle pedonali sopraelevate, avvolto da un caldo umido pesantissimo e dal rumore di milioni di condizionatori e del traffico incessante.
Sono piuttosto esausta quando infine mi portano a pranzare meravigliosamente in un ristorante cinese tradizionale. Amano il cibo sopra ogni cosa e mi fanno assaggiare una serie di prelibatezze che arrivano ai tavoli su carrelli computerizzati. Waney mi spiega che i camerieri sono “old style”, adesso ci sono i robot.
Dopo pranzo, Daniel ci lascia per iniziare il suo turno di lavoro, dalle 15 alle 23 con quattro pause, una ogni due ore, mentre con Waney facciamo un’ultima sosta al mercato. Per vivere in una città di queste dimensioni, sono davvero fortunati. Hanno un mercato coperto del fresco in ogni quartiere. Pesce bellissimo, ortaggi, frutta, alghe, funghi … prezzi buoni e un aspetto ancora migliore.
La saluto abbracciandola con molta gratitudine. Qui non si fa ma mi viene spontaneo. Lei rimane un po' rigida, ma poi da casa mi manda un messaggio coi cuori.
Kevin
È il figlio di una famiglia ricchissima. Il padre, fra le altre cose, ha costruito mezza Shenzhen, l'area metropolitana più grande della Cina, con 18 milioni di abitanti e un’economia basata sull’elettronica e l' innovazione.
Ho l’avventura di conoscerli perché il padre è l'armatore della barca su cui lavora il mio compagno.
Kevin, 30 anni, è gentile e ossequioso con tutti quelli più grandi di lui. Ha studiato architettura in Canada e ora lavora nell'azienda di famiglia. È l'unico che conosce l’inglese, gli altri parlano soltanto cinese mandarino e cantonese (la lingua di Hong Kong). Come dire: possiamo fare business miliardari senza sapere una parola della lingua più parlata al mondo. Una bella lezione.
Mi invitano a pranzo insieme con gli addetti alla barca e una corte di persone che li accompagna. Sono ospitali e semplici, di una cordialità lontana dalla freddezza di certi nostri manager. Il più anziano brinda chiamando i commensali fratelli e sorelle, senza distinzioni.
Le portate di pesce sono divine e tra una e l'altra riesco a chiaccherare un po' con Kevin. Gli faccio una domanda da cento milioni: ma voi tenete conto della sostenibilità nelle costruzioni?
Onestamente no, mi risponde. Nei nostri affari vogliamo ottenere il massimo del guadagno possibile. Le giovani generazioni hanno un poco più di sensibilità sull’ambiente, mi spiega, ma i soldi appartengono ai padri, e a loro interessano i profitti (dalle sue parole trapela forse una punta di rassegnazione).
Non che non lo sapessi, ma sentirselo raccontare così chiaramente mi dà i brividi. D’altra parte il valore del denaro è altissimo qui, per tutti, e si dichiara senza vergogna. Per gli occidentale è lo stesso, ma noi siamo più ipocriti perché non lo diciamo.
Una ragazza cinese di Kuala Lumpur mi ha spiegato bene questa filosofia, riferendosi a se stessa e al suo compagno: we love money, noi amiamo i soldi. Punto.
Sheila
Per fortuna c’è sempre l' eccezione che conferma la regola, ed è Sheila. La incontro sulla funivia più lunga dell' Asia: 7 km, 25 minuti di sospensione su mare e foreste, per collegare il villaggio di Ngong Ping, sull’isola di Lantau, dove sorge un immenso Buddha di bronzo, metà di migliaia di fedeli e turisti, tra cui me.
Solitamente soffro di vertigini e in queste situazioni sono piuttosto tesa, ma questa volta sono molto presa dall' incontro e non mi accorgo neanche di tutto quel vuoto sotto di me.
Sheila viene quassù a fare la volontaria, fa da guida a chi visita il monastero. Lei infatti non è soltanto una praticante ma anche una studiosa. Proprio in questi giorni ha terminato un corso annuale di specializzazione in buddhismo a HK con un grande maestro proveniente dal tempio che stiamo sorvolando. È molto orgogliosa, e non le pare affatto strano avere intrapreso questa strada dopo aver studiato contabilità all' università. Mi occupavo di soldi, mi dice, adesso mi occupo di buddhismo.
La cosa mi sorprende, mi diverte e un po' mi rincuora. Non tutti sono sprofondati in un materialismo ceco e incurante. Sono una minoranza - i buddhisti sono pochi qui, anche meno dei cattolici, mi dice Sheila - ma tant'è, l' importante è seminare.
Prendiamo insieme la metropolitana per tornare in città e ci facciamo un selfie di ricordo. Stasera, nelle reciproche meditazioni, ci ricorderemo una dell'altra. Sono queste le cose che mi commuovono, come due esseri umani che fino a un minuto prima non si conoscevano possano diventare improvvisamente intimi.
Lei è di corsa, deve tornare dalla sua famiglia, che l'aspetta a Shenzhen. Il forte legame con la famiglia di origine accomuna questi tre incontri così diversi, come d’altronde generalmente le culture asiatiche.
Ognuno mi ha riportato la famiglia quale riferimento imprescindibile. Come vincolo - Daniel e Waney vorrebbero emigrare a Taiwan ma non lo fanno per le loro famiglie di origine; Kevin è predestinato e nella famiglia deve stare e lavorare - e opportunità, involucro, sicurezza.
Ci salutiamo con la mano dal finestrino, così come due amiche che domani si rivedranno.
È Bellissimo leggere le tue newsletter. Non te lo scrivo sempre ma lo penso ogni volta.
Bellissimo Cris e molto emozionante.. commossa un paio di volte.. ire