Che cosa significa scrivere, che senso ha?
La scrittura è un mezzo potente per portare alla luce le cose importanti. E' un appuntamento di consapevolezza, ma anche un ponte per stabilire connessioni con le persone.
Scrivo da qui, San Terenzo, Liguria. Sono ospite da un’amica per qualche tempo, l’autunno non è ancora arrivato e i tramonti sono magnifici. Da casa si vede il golfo dei Poeti e, in fondo, la sagoma di Portovenere.
Mi chiedo periodicamente che senso ha scrivere i Pensieri Nomadi. E’ una verifica che faccio per capire se ha sempre senso per me tenere questo blog e se i motivi che mi portano a continuarlo cambiano nel tempo. E’ una domanda interessante che insegna molte cose e può riguardare ogni forma di scrittura come atto creativo rivolto a se stessi oppure agli altri.
Le direzioni di senso sono molteplici, provo a esplicitarle. Magari può essere di qualche utilità a chi scrive per un pubblico oppure a chi voglia sperimentare la scrittura privatamente, come mezzo per mettere a fuoco, per fissare le cose importanti, per farle emergere.
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La scrittura, infatti, se intesa come espressione di sé e non come uno strumento tecnico di comunicazione di informazioni, ha il potere straordinario di portare alla luce e dare corpo, parola appunto, a intuizioni, pensieri, sensazioni che altrimenti rimarrebbero oscuri e vaghi. Non perché la scrittura debba essere sempre cristallina, tutt’altro: anche quando - o addirittura soprattutto quando - non lo è affatto ed esce frammentata e confusa, è in grado di illuminare qualcosa di noi che rimaneva nascosto e che non vedevamo prima di scriverlo.
Il primo senso è dunque questo: la scrittura dei Pensieri Nomadi è un appuntamento di consapevolezza, di dove sono, che cosa sto facendo e come. Per molti anni ho condotto questa indagine tenendo chiusi i miei appunti nei taccuini; scrivere pubblicamente è stato un passo in più che è venuto quando, tre anni fa, ho sentito di avere un po’ più di fiducia in me stessa.
Scrivere pubblicamente - qualunque cosa, un libro, un blog, una newsletter, una poesia - è sempre un atto di coraggio, come del resto ogni forma artistica. Che arricchisce molto chi lo compie, ma che mette anche profondamente in gioco. Cosa che non avviene se ci si confronta soltanto con se stessi. Bisogna essere pronti, io ci ho messo tanto tempo.
I Pensieri Nomadi si alimentano, quindi, anzitutto, di questa energia “interna”, molto più che del consenso che riscuotono, sebbene sia difficile stabilire un prima e un dopo, perché le due facce sono strettamente collegate. Se infatti quello che scrivo non è autentico, è forzato o narcisista non funziona né per me né per chi legge. Su questo tema del senso e del consenso mi ha fatto riflettere Anna con una sua condivisione su un mio recente post:
Spesso come te mi domando il senso del mio dipingere da sempre. Questo tarlo dello scopo, del riuscire a trovare con-senso affinché ci sia senso. Ma non è così…
Farsi pilotare dall’esterno è una tentazione che porta fuori strada: meglio avere un piccolo circuito di persone, lettori e lettrici, che ti apprezzano e si connettono con te per quello che sei e sai esprimere di tuo, della tua vita, dei tuoi viaggi, delle esperienze che vuoi condividere, piuttosto che rinunciare alla propria espressività e al proprio racconto per seguire i presunti gusti del vasto pubblico.
I Pensieri Nomadi hanno allora un senso se sono, e continuano a essere, un vero strumento di crescita, che rispetta un mio bisogno intimo di mettere nero su bianco la vita che scorre, un’ esigenza di ordine, di pulizia, di osservazione dell’evoluzione, di come le fasi si intrecciano e si susseguono. Di non perdere le tracce di quello che accade, dentro e fuori, mentre accade.
Per questo finora ho preferito il blog settimanale alla stesura di un libro: mi piace la forma aperta della scrittura, contemporanea agli eventi, flessibile e modificabile. Una sorta di scrittura nomade, in movimento, aderente al mio viandare.
La scrittura del blog è aperta non soltanto per me ma anche per gli altri e agli altri. E questa è la seconda direzione di senso, complementare alla prima. Mi raffiguro il blog come un ponte, che va da me verso le persone e dalle persone verso di me. E’ un tentativo di stabilire connessioni il più possibile autentiche, utili e significative per me e per chi legge, su tematiche di interesse comune. Non sempre si riesce, ma il fine è questo e quando funziona arrivano, attraverso commenti, messaggi o mail, anche dai più lontani e sconosciuti mondi, riscontri di empatia sorprendenti per qualità e intensità.
Il blog è dunque un mezzo, di consapevolezza e di relazione, e non un fine. E questo è importante ricordarlo, sia per contenere atteggiamenti di narcisismo ed esibizionismo che possono filtrare dalle forme di scrittura social - quando li trovo mi danno l’orticaria e sto attenta a non riprodurli -, sia per ribadire, nel mio caso, la scrittura come puro atto creativo e di condivisione, senza secondi fini di tipo commerciale.
Non c’è niente di male, intendiamoci, ad avere obiettivi espliciti di tipo commerciale (seguo blog o newsletter che vendono e propongono servizi e competenze di qualità). Semplicemente io non li ho, desidero continuare a tenere separato l’ambito strettamente professionale e mantenere la scrittura libera, senza vincoli di tipo “produttivistico”.
Fuori dalla stanza dei Pensieri Nomadi restano pertanto il profitto, le aspettative, l’audience, i like, la fretta, la pressa di scrivere, la ricorrenza degli invii, la performance, il dovere. Sono tutti ospiti che spingono per entrare e che cerco ogni volta gentilmente di allontanare.
C’è infine un’ altra dimensione cruciale che muove il blog: la costruzione di un contesto sociale, sebbene virtuale e sparso in numerosi pezzi. Una newsletter periodica come questa che spedisco da Substack crea un mondo intorno a me, richiamando persone non soltanto interessate agli argomenti che affronto ma pure a uno stile di vita che mi piace condividere.
I Pensieri Nomadi, da questo punto di vista, sono un addensatore - potremmo definirlo così - di affinità elettive ed emotive. E non è poco per un’ esistenza nomade, che nel movimento sconta un po’ di solitudine e la perdita di un contesto sociale stabile di riferimento. Ma si tratta di un valore più generale di cui ognuno ha bisogno, e che ciascuno cerca di creare con i mezzi che ha: la scuola, il lavoro, lo sport, la famiglia, il cammino, io lo faccio con la scrittura.
Cri, molto profonda la tua condivisione.
Sono fresca come sai di un seminario di Campane Tibetane e le vibrazioni mi hanno affascinata. Le tue parole mi pare possano essere la stessa cosa, vibrazioni che escono dal profondo e si propagano. Non ne conosci il viaggio e lo scopo. Vanno. Credo siano un bellissimo dono di gratuità come il suono di una campana.
Grazie per avermi ricordato che ho iniziato a scrivere per me 😊