Come vivere, come viaggiare, come stare al mondo quando tutto intorno è guerra?
Una domanda che ho bisogno di condividere. E voi come fate, è cambiato qualcosa nel vostro modo di pensare, di agire?
Mai come in questo momento sento pesante la presenza della guerra. Non che sia mai scomparsa dalla scena mondiale, ma i conflitti in Ucraina e Palestina che non finiscono più e che arrivano in ogni momento dentro le nostre case hanno in un certo senso “avvicinato” la guerra cambiandone la percezione. Il conflitto, i morti, le distruzioni sono diventati permanenti, sono la normale quotidianità.
Anche nostra, non soltanto di chi la subisce in prima persona.
Con tutta la debita differenza di dolore rispetto a quelle donne, uomini e bambini che la vivono sulla propria pelle (e sulla propria anima), la guerra si è infiltrata anche nell’esistenza di noi “spettatori”: ma siamo davvero soltanto spettatori, più o meno coinvolti nei drammi degli “altri”, o anche vittime, se non addirittura colpevoli?
E non si tratta soltanto delle guerre guerreggiate che contaminano il pianeta di violenza, disperazione, povertà. Siamo immersi in uno stato di tensione, alimentato da continue minacce: i dazi e i contro-dazi che dissestano l’economia, l’aumento delle spese militari che sottrae risorse alla società e all’ambiente, i proclami di conquista lanciati dai potenti della Terra che sembrano giocare a figurine con Stati e popoli.
Il punto è che tutto questo orrore e cinismo sono entrati ed entrano insistentemente nei nostri pensieri e nelle azioni. Anche se non sempre ne siamo consapevoli, abbiamo più paura, siamo più insicuri, il futuro è incerto, ci trema la terra sotto i piedi, ci sentiamo in balìa degli eventi.
E’ difficile reggere una condizione di precarietà e di latente violenza. Spessissimo le reazioni dominanti, che vedo intorno a me, e mi riferisco in particolare all’Italia, e che anche emergono a tratti dentro di me, oscillano tra il rifiuto e l’indifferenza - tentare di non vedere ciò che accade -, lo scoramento, la rabbia e l’impotenza o, d’altro lato, l’estremizzazione delle posizioni. Tutti sentimenti che generano altra aggressività.
E’ proprio questo in effetti che sento circolare: un tasso di aggressività altissimo che sottende le difficoltà che ci troviamo ad affrontare, senza peraltro essere granché attrezzati né preparati. Sono difficoltà di un’epoca storica che inevitabilmente diventano personali perché influenzano pesantemente le nostre vite.
E quindi, come facciamo a sostenere questo peso?
Non sono certo qui a dare risposte, però sono sicura di una cosa: non voglio farmi contagiare dallo spirito di guerra, e per antidoto provo a praticare uno spirito di pace. A un livello piccolo, minimo, che riguarda me stessa, e con uno sguardo un po’ più largo che attiene alle relazioni con gli altri e anche al modo di viaggiare.
La prima cosa che mi viene da dire è che spirito di pace significa anzitutto tenere “pulita” la propria stanza interiore da parole, toni e pensieri bellicosi. Così, sia in pubblico sia in privato, sto attenta a non rispondere all’aggressività circolante con la stessa moneta. Non sempre mi riesce ma non voglio cedere.
Anche dosare l' informazione è importante per non farsi travolgere o sopraffare dalla marea di notizie devastanti che si succedono. Per stare veramente in mezzo a ciò che accade non devo farmi travolgere, altrimenti mi viene da scappare.
Ogni tanto faccio un esercizio: in un momento di raccoglimento, porto il mio cuore dentro Gaza. Non posso fare molto altro, faccio questo. Visualizzo il mio cuore in volo sopra le macerie e posarsi accanto a una famiglia che ha perso tutto. Sono qui: solo vicinanza, empatia, silenzio. E’ poco? Di recente ho partecipato a una manifestazione per la pace, e lo rifarò, ma questo esercizio intimo è più forte, attiva la compassione e mi mette in gioco. Vuoi provare?
Coltivare relazioni buone e benevole con gli altri è sempre stata per me una priorità, io amo l'equilibrio, l'armonia, sono quasi incapace di conflitto. Quindi soffro particolarmente quando si manifesta nei rapporti e quando lo vedo agire a tutti i livelli. Sono una costruttiva, e la pace è necessaria alla mia vita.
Questa ricerca di contatto, condivisione, scambio riguarda anche il viaggio. Anzi, ritengo che proprio il viaggio sia un potente strumento per costruire ponti di pace tra persone, luoghi, culture. Lo sa chiunque desideri viaggiare non semplicemente per visitare ma per incontrare.
C’è una bellissima organizzazione internazionale di cui faccio parte che ha trasformato il viaggio e l'ospitalità in veri e propri mezzi per costruire una rete globale dell' amicizia: si chiama Servas, che significa “servire” in esperanto. Ti lascio scoprire che cos'è e come funziona.
Agganciati a noi per ricevere e donare ospitalità gratuita in tutto il mondo e non sarai semplicemente un turista ma un viaggiatore di pace🌹
«Facciamo insieme il cammino.» Ho conservato questa frase, l’ho trovata composta sul muro di una via durante il mio ultimo viaggio in Spagna.
Ho cominciato a farmi queste domande a vent'anni: studiavo diritti umani a scienze politiche, e un giorno trovai a un convegno dei vecchi magazine di economia etica (che tutt' ora vado a leggere,ogni tanto, in biblioteca): rimasi shoccata. Nel giro di qualche anno mi trasferii in collina con le mie figlie, abolii la TV per non farmi contaminare, e provai a vivere una vita non consumista. Ma poi piano piano abbiamo cominciato a usare internet, siamo andate a vivere in una città di mare, e piano piano quello schifo che avevo chiuso fuori dalla mia casa di sasso, è tornato a essere parte delle nostre vite. Solo che la TV era una commodity e è stato facilissimo rinunciarvi, mentre con internet ci pago i conti, ci viaggio, ci gestisco persino i documenti, ed è molto complicato rinunciare, e non perché io sia pigra. Insomma, non so quale è il modo giusto per vivere. Io cerco per quanto posso di non arrecare danno agli esseri senzienti.
Concordo totalmente e condivido l'idea di attivare la compassione meditando e diffondendo energia e amore: spesso lo faccio cercando di espanderla il più possibile. è un periodo particolare in cui oltre alla guerra abbiamo a che fare con un patriarcato bello agguerrito, con un dolore interno che si manifesta in odio e violenza. Quello che posso fare è agire con compassione, dare supporto e allo stesso tempo come te dici, filtrare, ovvero mantenere ciò che mi fa bene. Buona Rinascita Cristina, spero che questo sentimento arrivi a tutto il mondo 😘