Il viaggio della leggerezza
Viaggiare leggeri verso l'età che avanza. Proprio come lo zaino, che pesa sempre meno sulle spalle più fragili
Felice di trovarti fra i Pensieri Nomadi. Oggi ti racconto di un viaggio un po' particolare che sto compiendo. Non geografico ma personale.
Margheritine lungo il cammino. Pitelli, Liguria.
A ottobre compio sessant'anni. Una tappa importante a cui mi sto preparando con una certa cura.
In che senso "preparando"? E perché?
Di fronte al nuovo decennio che si apre, ci sono una serie di cose che non vorrei fare: far finta di niente o sottovalutare questa fase cruciale dell' esistenza e i cambiamenti che può comportare; né d'altra parte averne paura, fare la giovane oppure invecchiare prima del tempo.
Tutte reazioni che ho cominciato a notare intorno a me.
Mi sto chiedendo allora in che modo mi piacerebbe vivere pienamente il tempo che arriva. Che senso dargli. Quale direzione privilegiare.
Può sembrare strano questo atteggiamento?
Per come sono fatta io, la direzione è cruciale. Non posso stare senza, altrimenti subentra una confusione che impedisce l'equilibrio. È sempre stato così, mi dà pace capire dove sto andando, seguire una via che mi sembri convincente, buona per me, il più possibile benefica nell' azione verso gli altri e verso quel po' di mondo in cui è possibile intervenire.
Non un programma, né tantomeno un piano previdenziale. Piuttosto un viaggio, per usare una metafora scontata eppure così significativa per definire la vita.
Che giorno dopo giorno si sta rivelando il più appassionante, e dove, come spesso accade nei viaggi geografici, l'aspetto interessante è come si cammina, non il traguardo di arrivo.
Ranuncoli lungo il cammino, Monteleone di Spoleto, Umbria.
Ebbene, dalle esplorazioni, per le quali impiego parecchie energie, è emerso anzitutto un titolo: il tempo della Grande Leggerezza. È emerso mentre ero in Marocco, a marzo, seduta su un muretto a guardare l'oceano.
Mi piacerebbe battezzare così questo tempo, con il bel nome di Leggerezza, un anelito che mi muove da molti anni, che anima la mia scelta nomade, e che può trovare oggi una ancora più ampia espansione.
Si passano i decenni giovanili ad accumulare. Accumuliamo denaro, lavoro, competenze, conoscenze, progetti, beni e oggetti di ogni tipo, ma anche esperienze, ricordi, sentimenti. Tratteniamo le sensazioni, i dolori, i rancori; ci affezioniamo alle gioie, ai luoghi, alle abitudini, alle nostre idee, ai desideri.
Mi sembra adesso proprio arrivato il tempo del togliere. Togliere, togliere, togliere. Fare spazio, trattenere soltanto le cose e le relazioni davvero essenziali per il nostro nutrimento e per la nostra crescita, per alimentare quel bene verso noi stessi e gli altri che è necessario per vivere con un senso.
Non è difficile distinguerle dal superfluo se si è guidati dal bisogno di autenticità e verità di se stessi. E diventa molto interessante la pratica quotidiana del riconoscere e lasciar cadere la quantità di elementi inutili e dannosi - psicologici e materiali - di cui ci circondiamo e da cui arriviamo persino a dipendere.
Insomma, viaggiare leggeri, adeguando il carico all'età che avanza. Proprio come lo zaino, che pesa sempre meno sulle spalle più fragili.
Non so voi, ma più vado avanti e più divento selvatica, scansando tutto l' artificiale che posso e che trovo sulla mia strada. Con sempre meno bisogni e richieste.
È un esercizio di liberazione dai pensieri tossici, dalle aspettative, dai progetti, dal bisogno di organizzare e prevedere, dalle informazioni che ogni giorno ci affliggono, dai giudizi della società, dalle paure, dagli stress lavorativi, dalle preoccupazioni dell' età che avanza.
Non si tratta di fregarsene o di diventare superficiali, bensì di scegliere e di discernere con cura. Di occuparsi effettivamente delle cose anziché pre-occuparsi. Di sostituire il troppo pieno con l' attenzione in un mondo di infinita distrazione. Di sostituire la sovrainformazione con l' empatia. Di non dare per scontato niente e attivare la riconoscenza e la gratitudine.
Di non perdere nemmeno una goccia della risorsa preziosa del tempo che ci è regalato.
Questo atteggiamento di leggerezza consapevole lo intendo anche come un esercizio al giusto distacco che ci fa vedere più chiaro nelle situazioni dolorose, in quelle che ci coinvolgono nostro malgrado, in quelle che non dipendono da noi, come le malattie, le perdite. Negli immensi dolori del mondo.
Non è un punto di arrivo ma la stella polare, un ideale di vita buona, come direbbero i filosofi antichi, a cui tendere e a cui provare praticamente a conformarsi. Senza pressione e senza fustigarsi, ma naturalmente.
Le questioni materiali e organizzative vengono dopo; il primo impegno - appassionante impegno - è coltivare questa qualità della leggerezza dentro di sé.
Sono miei compagni in questo viaggio la meditazione e l'autoindagine, la scrittura, gli insegnamenti di antiche saggezze, la vicinanza di persone da cui mi sento capita e con le quali posso parlare dei nuovi paesaggi che scopro camminando interiormente.
Oggi a proposito di essenzialità ho trovato dentro di me un pensiero: non abbiamo nemmeno bisogno di cattedrali, di luoghi si raccoglimento, stanze speciali, basta il corpo. È lui il piccolo Eremo che custodisce il Sacro...avvolge l'essenza dell'Essere senza nome e senza forma, non ci occorre altro.
Cara Cristina, condivido tutte le tue parole. La meta della leggerezza è un cammino liberatorio, imparare a togliere per rimanere con l’essenziale è una saggezza che si coltiva con il tempo. Si imparano nuovi equilibri. Grazie per i tuoi pensieri.