Italia, Europa, Oriente. Tessere di una visione globale
Quattro o cinque cose che vale la pena tenere a mente.
Laos, Pak Beng, villaggio tribale.
Tra gli altri benefici, il viaggio aiuta a guadagnare uno sguardo globale sul mondo.
E’ un privilegio dei pochi che girano. Siamo ancora una minoranza, sebbene oggi i turisti siano molti, molti più di prima - prima della globalizzazione, intendo. Fino agli anni novanta viaggiavamo soltanto noi occidentali, oggi si muovono tutti, cinesi, indiani, sudcoreani, russi, persino vietnamiti. Il pianeta si è ancor più connesso e una visione ampia ben si adatta al nuovo scenario.
Muoversi e andare all’estero, tuttavia, non è sufficiente per sviluppare una visione prospettica che ci insegni a guardare le cose, soprattutto quelle di casa nostra, da un punto di vista nuovo e più aperto. Anzitutto perché siamo molto condizionati dalle nostre stesse convinzioni e dai giudizi prodotti dalla società e dai mass media che seguiamo. Poi perché serve farsi le domande giuste per provare ad avere qualche frammento di risposta.
Se il viaggio non si limita a un puro sorvolo turistico ci facilita in entrambe le direzioni. Anzi, uno dei suoi grandi segreti è di metterci di fronte alle cose prima ancora di averle cercate.
Naturalmente non ho nessuna pretesa di essermi formata una visione complessiva, semmai posso considerare di aver cominciato a intravedere qualche tessera del puzzle, che mi fa piacere condividere qui per sapere che cosa ne pensi.
L’incontro con altre culture fa fare un passo in più - un passo concreto - alle nostre teorie, grazie al contatto diretto che arricchisce i pensieri.
Ed è proprio questo che ho vissuto nel viaggio in Oriente appena concluso.
Prima di partire avevo una idea piuttosto vaga e indistinta del Lontano Oriente e - forse come la maggior parte delle persone - una percezione della mia stessa realtà di italiana e di europea anch’essa un po’ vaga e indistinta. Per la ragione opposta che il troppo vicino ti fa vedere poco e induce a dare per scontato quasi tutto quello che ci gira intorno.
Ma che cosa rappresenta per noi il nostro mondo, che valore ha e che cosa significa viverci?
Quattro o cinque cose che vale la pena tenere a mente
Laos, Pak Beng, villaggio tribale.
✴️ Noi siamo pochi, loro sono tanti
Questo è un primo dato di cui ti rendi conto a colpo d’occhio, prima ancora di guardare i numeri: gli abitanti dell’Unione Europea (27 Paesi) sono 450 milioni, quelli della sola Indonesia 277. L’Asia nel suo insieme ospita quasi 5 miliardi di individui, il 60% della popolazione mondiale, l’Europa il 9%.
Il confronto cambia completamente la prospettiva. Tutto quello che succede qui, tutte le decisioni che prendiamo, ad esempio in ambito ambientale o economico, devono fare i conti con questa massa enorme.
Immagino che ogni mio gesto vada moltiplicato per 5 miliardi. Non che prima non lo sapessi, ma toccarlo con mano fa una certa impressione.
Non ci siamo soltanto noi, coi nostri consumi e pretese sul mondo, ci sono soprattutto loro. Con altrettante esigenze, interessi, rivendicazioni, diritti. L’impatto è immenso e davanti a un possibile da farsi rimango ammutolita.
Alcune certezze che avevo su questi argomenti si sono sgretolate e ne è subentrata una nuova: le soluzioni vanno su una scala infinita che è complicatissima da maneggiare. Quando sentiamo la parola “complessità”, che spesso ci infastidisce, è a questo che dobbiamo rimandare.
Come far stare tutta questa gente al mondo senza distruggerlo è il più grande dei rebus. L’unica sembra la via dell’equilibrio, una virtù che nessuno considera virtù, né in Europa né in Oriente.
✴️ Noi siamo ricchi, loro sono poveri
Se poi passiamo alla consapevolezza successiva le cose si complicano assai. Confrontata a uno qualunque di noi europei - non i ricchi, ma persino un individuo con uno stipendio medio-basso - la maggioranza della popolazione di tutti i Paesi che ho visitato (oltre a Indonesia e Vietnam, Laos e Malesia) risulta povera, se non poverissima.
Il reddito medio annuo di un italiano è di 35 000 dollari Usa, quello di un vietnamita di 4100. 1 milione di kip laotiani sono 40 euro, poco di più le rupie indonesiane. Laggiù qualunque bene è alla nostra portata, ma non alla loro, una spa di lusso, un ristorante, un hotel a 5 stelle. Il nostro stesso viaggio, impossibile da pensare al contrario.
Nella cittadina di Phongsaly, a nord del Laos, fa molto freddo. Non c’è riscaldamento nelle case, ci si arrangia con la legna e un po’ di brace, le coperte non sono granché calde, e nemmeno l’acqua. In stanza si gela e ci compriamo una stufa elettrica per una manciata di euro. Alla fine del soggiorno, il nostro ospite ci rincorre per restituircela. Ma noi, dopo averla usata per pochi giorni, la lasciamo lì. I soliti occidentali viziati. Mi sono vergognata pensando al loro minimo.
La stessa espressione “diseguaglianze sociali” è retorica. Si tratta di veri e propri abissi sociali, che allo stato sembrano incolmabili.
Inutile dire che l’ambizione di tutti è guadagnarsi finalmente un pezzetto di ricchezza e di benessere, lavorando giorno e notte e sfruttando tutte le risorse che ci sono. E i costi umani, i costi ambientali? Un lusso per i ricchi.
✴️ Noi tuteliamo l’ambiente, loro lo sviluppo
E’ chiarissimo che anche l’ambiente e la sua protezione sono lussi che per ora i Paesi cosiddetti “in via di sviluppo” non si possono - o non si vogliono - permettere. Ci sono altre priorità, prima di tutto far uscire la gente dalla miseria, l’educazione, le infrastrutture. Insomma, l’economia, in un eterno conflitto con la natura.
Le isole indonesiane sono letteralmente sommerse dalla plastica, terra e mare, mentre soltanto in Vietnam ci sono impianti per il riciclo. Ma è una goccia nell’oceano, i rifiuti sono ovunque, a montagne o sparsi a bruciare nei roghi. Io ho l’ambizione, o l’ossessione, di non usare nessuna plastica usa e getta; a Bali, nel momento in cui ho rifiutato una cannuccia, mi sono sentita un’extraterrestre.
Il problema comincia ad essere affrontato dove il benessere è più diffuso. Un paradosso che ho colto nel viaggio è proprio questo: la tutela ambientale c’è dove c’è sviluppo. Altrimenti c’è spazio soltanto per lo sfruttamento di ogni risorsa e per un turismo intensivo e invasivo.
La crescita economica e il denaro sono valori diffusi in tutto l’Oriente. A Kuala Lumpur la mia amica Yen Yen mi ha riassunto molto bene la filosofia: we like money - noi amiamo i soldi, non importa il lavoro o la fatica che facciamo per ottenerli.
I soldi sono un simbolo di buona fortuna e prosperità anche nella cultura buddhista del Sud Est asiatico.
✴️ Noi abbiamo i diritti, loro i doveri
Mi aggancio a un altro tema grosso. I diritti non hanno la stessa rilevanza ovunque. Nei Paesi in cui ho viaggiato il lavoro e la famiglia vengono prima dei diritti; la libertà personale che per noi - sicuramente per me - è un valore sacro, lì è schiacciata tra queste due dimensioni o doveri percepiti come “naturali”.
La famiglia è il nucleo potentissimo, morale ed economico, della società, sia nella cultura musulmana dell’Indonesia sia nei Paesi del Sud Est asiatico più vicini all’etica confuciana di matrice cinese.
Le donne sono prima di tutto madri, si nasce femmine con la missione precisa dei figli. Questi, a loro volta, dovranno occuparsi dei genitori in età anziana. Una sorta di alleanza tra generazioni che garantisce la sopravvivenza ma che è anche fondamento della prosperità. E’ una base forte, ma un altrettante forte vincolo che lascia poco spazio all’ iniziativa del singolo.
Libertà personale e solitudine sociale che da noi sono inscindibili, laggiù quasi non esistono.
Anche i diritti più basilari, quelli per cui noi ci battiamo se non siamo soddisfatti, non sono affatto scontati, né diffusi.
In Laos se servono le braccia dei bambini nei campi di riso, non c’è molto da dire, non vanno a scuola. Se il governo decide che non ti rilascia il passaporto rimani bloccato vita natural durante. Quando lavori a Bali ti imbatti in siti censurati, e non ti spieghi perché. Non parliamo di amenità come le vacanze. Non si lavora nei giorni delle cerimonie al tempio, ma tutte le ferie che facciamo qui loro se le sognano.
In Malesia è drammatico. Ci sono cittadini di serie A, di nazionalità malese, islamici, e cittadini di serie B, cinesi e indiani, che formano quasi la metà della popolazione ma non godono degli stessi diritti. Non accedono alle carriere e alle scuole più prestigiose, non possono acquistare case dai malay, non hanno voce nella politica.
Quando diciamo che in Italia non funziona niente, dobbiamo sempre tenere presente la misura che ci dà il quadro generale.
✴️ Noi siamo vecchi, loro sono giovani
Tornando, il panorama è desolante: per le strade non ci sono bambini. Il Vietnam, il Laos e l’Indonesia sono Paesi di bambini e bambine. Escono da scuola a fiumane, i parchi sono pieni, non c’è donna, madre, sorella, zia, nonna, che non si accompagni sempre almeno a 2-3 piccoli. Chiamiamo ancora i numeri: in Italia facciamo in media poco più di un figlio (1, 25), in Laos 2,50.
I genitori sono giovanissimi. A una celebrazione pubblica per la graduation cui mi è capitato di assistere ad Ambon, Molucche, molte erano le mamme neolaureate coi bimbi in braccio. Di anziani, in compenso, non ne vedi quasi in giro. La mia chioma bianca è una rarità, una vera e propria attrazione.
In Vietnam vivono 100 milioni di persone che hanno in media poco più di 30 anni. Ti immagini che cosa vuol dire?
Un esercito di vitalità, intraprendenza, innovazione. E la senti proprio questa energia, traspira da ogni angolo. Capisci che è lì che succedono le cose, è lì che adesso si costruisce il mondo, nel bene e nel male. Mentre noi abbiamo lo sguardo rivolto al passato.
Oggi noi siamo i conservatori e loro i moderni. Il futuro è in Asia e gli occidentali vanno al traino.
Cara Cristina, di questo tuo viaggio, durato mesi, hai sollevato tali importanti aspetti, così veri, così puntuali e toccanti, che si fa davvero fatica a restare indifferenti davanti a tutto questo. Sono esperienze di viaggio, così forti, che ti segnano, ti forgiano. E ti portano, in modo inevitabile, a fare considerazioni, riflessioni, sui propri diritti, sui propri doveri, sulla globalizzazione, sul nostro vivere... Mettendoci, noi per primi, in totale discussione! Spesso, come in questo caso, ci portano a fare dei ragionamenti e delle considerazioni di una tale portata - che investono aspetti così grandi e imprescindibili del nostro vivere - dove, a stento, riusciamo a darci delle risposte, che ci diano pure pace... Ci sono frasi del tuo racconto che mi hanno profondamente toccato:
"In Malesia è drammatico. Ci sono cittadini di serie A, di nazionalità malese, islamici, e cittadini di serie B, cinesi, indiani, che formano metà della popolazione ma non godono degli stessi diritti. Non accedono alle carriere e alle scuole più prestigiose, non possono acquistare case dai malay, non hanno voce nella politica". Tutto questo per me è assurdo, aberrante. Riportandomi subito alla mente una vicenda di metà anni '70, che abbiamo vissuto in famiglia... Siamo a Bangkok - Thailandia! Allora mi trovavo a pranzo, in veranda, a Firenze, nella casa di famiglia, io poco più che bambino... Mio zio materno era appena rientrato da un viaggio in Thailandia. Era andato a trovare a Bangkok un amico dell'infanzia, di cui negli ultimi anni aveva perso quasi ogni contatto. Egli, una volta là, non aveva fatto più ritorno, sposandosi con una donna appartenete alla più alta nobiltà locale. L'ospite, si sa, è sacro (e lì più che mai) e così l'amico, per mettere a completo agio lo zio - seguendo anche le abitudini locali, ormai sue - aveva dato lui uno dei più begli appartamenti del proprio palazzo. La meraviglia, lo stupore dello zio aveva ancora da venire... Fuori, alla sua porta, rannicchiata in un angolo, l'amico gli aveva messo, a sua mercé - a sua propria disposizione (e questo non è un eufemismo) - una bambinetta, per servirlo in tutto: proprio in tutto!! Lo zio, con tatto ed educazione, la fece allontanare subito; ricordando, a quello che un tempo era un amico, che in Europa c'erano altre sane, differenti abitudini. I bimbi venivano trattati diversamente... Lo zio rimase colpito, sconvolto da tutto questo. Dal suo racconto traspariva il suo vero disappunto ed imbarazzo, per tutto ciò... Da grande, ho avuto poi modo di riaffrontare e parlare con lui di questa triste vicenda. So che, da quel giorno, non rivide mai più il suo amico... La bimba aveva più o meno la mia età! Da quell'episodio capii, allora, che al mondo c'erano bambini di serie A, e bambini di serie B, e che non tutti avevano gli stessi diritti, o doveri! E che - vivendo in Europa - potevo ritenermi davvero fortunato: molto fortunato!!!
Restando in tema "Thailandia", in questi giorni mi è capitata tra le mani una cartolina di una mia cara amica ossolana. Erano gli anni in cui si mandavano ancora le cartoline... Questa, datata "Laem-pse, 22 gennaio 2001", ritrae uno dei più bei paesaggi della Thailandia, divenuto poi slogan di molti viaggi turistici: "Kon Pee Pee": un paesaggio fantastico: uno scorcio a volo d'uccello, con isole e montagne verdissime, dagli strapiombi vertiginosi, che si tuffano in un mare blu, mozzafiato!! Una volta girata la cartolina, trovo scritto: "Un naturalista come te si scandalizzerebbe a vedere come si è iper sviluppato questo posto bellissimo e spiace anche a me...". Da tenere conto che questa era la situazione di più di vent'anni fa... Oggi è decisamente peggiorata!
Cristina, in questa tua precisa testimonianza scrivi:
"Noi tuteliamo l'ambiente, loro lo sviluppo. È chiarissimo che anche l'ambiente e la sua protezione sono lussi che per ora i Paesi cosiddetti "in via di sviluppo" non si possono - o si vogliono - permettere [...]. Le isole indonesiane sono letteralmente sommerse dalla plastica, terra e mare [...], i rifiuti sono ovunque a montagne, o sparsi a bruciare nei roghi. Io ho l'ambizione, o ossessione, di non usare nessuna plastica usa e getta [...]: la tutela ambientale c'è dove c'è sviluppo. Altrimenti c'è spazio soltanto per uno sfruttamento di ogni risorsa e per un turismo intensivo e invasivo".
Sono rientrato da poco dall'Egitto. La situazione là è drammaticamente la stessa! Al Cairo, con i suoi ventisei milioni di abitanti, l'aria si fa davvero irrespirabile. Ti salvi solo stando negli spazi chiusi. Lo smog si fa pesantemente sentire, ovunque! La pelle del volto, del collo e delle orecchie cominciano a pruderti, a bruciare: al pari degli occhi che, man mano, si fanno sempre più rossi... Dopo qualche giorno cominci ad avvertire in bocca anche una strana sensazione "acida": che, con il passare dei giorni, cominci a capire e realizzare cos'è! Lo smog, le esalazioni di una miriade di motori e di tubi di scappamento che, giorno e notte, sfrecciano incessantemente ovunque. Tutto ciò ti fa davvero capire cos'è l'inquinamento: e il tanto famigerato PM10, di cui in terra natia abbiamo tanto sentito parlare... Qua tutto è a livelli 'bestiali'. Le auto che vedi circolare sono (quasi) tutte tedesche: di vecchio stampo! Da noi, in Europa, non possono ormai da tempo più circolare...! A meno che tu non decida di immatricolarle come 'vetture storiche'! Un fenomeno, per tanti aspetti simile, anche alla 'moderna' Cuba... (E chissà a quanti altri paesi del Terzo Mondo). Ma là, a Cuba, in confronto le auto sono davvero poche; e le discariche fumanti tenute nascoste ai più: in appartate vallette, dove è assai difficile, per un turista 'normale', arrivare! Restano, comunque, un grande, dolente problema di questa grande isola, e per noi tutti! Al Cairo, invece, le auto, a ricordo della loro vecchia origine, continuano a mantenere ancora le vecchie, originali, targhe tedesche: con sopra, punzonate, le piccole targhe egiziane! Sembra che in Albania vadano invece a finire tutte le vetture italiche, da noi non più circolanti! Presto lo scoprirò...! È una vera incongruenza; un'ipocrisia dei tempi moderni, e di chi ci governa. Da noi, a Firenze e non solo, è così: ci obbligano a cambiare l'auto ogni dieci anni: pena il divieto di circolazione, con pesanti sanzioni, a cui non possiamo esimerci dal pagare! Ma come possiamo pensare di risolvere il problema dell'INQUINAMENTO - un problema di caratura mondiale - così, in questo modo...?? So bene che non è affatto semplice. Ma così non si può andare avanti... Forse dovrebbero essere i Paesi più industrializzati - ovviamente, se sta a Loro particolarmente a cuore il PROBLEMA (intendo dire quello mondiale e della nostra salute): visto che lo vanno, a ogni piè sospinto, sbandierando - a farsene oggi carico!!! E a venire quindi in soccorso - in modo fattivo - dei Paesi maggiormente sottosviluppati, che hanno solo, e soltanto, l'interesse di arricchirsi, al massimo profitto. 'Fregandosene' dell'ambiente e dell'inquinamento: come può essere comprensibile, ma non giustificabile!!
Al largo degli Oceani si sono ormai formate sei enormi isole di plastica - a cui se ne sta aggiungendo una settimana - di vera "brodaglia galleggiante": di cui si cibano ormai anche i pesci: inserendosi nella nostra catena alimentare, con enormi, gravi problemi della nostra salute...!
Al Cairo, passando da un quartiere all'altro, lungo le grandi arterie di scorrimento, in mezzo a grandi caseggiati, incontri vere e proprie montagne di spazzatura; talvolta occupano anche interi isolati, dove vedi gente che vi va a razzolare, in mezzo a pennacchi, fumanti... Tutto questo, davanti a balconi e finestre, dove sono tesi panni e biancheria per la casa... Fuori dalla Capitale, lungo il Nilo, sono stati aperti negli anni dei canali, per poter portare l'acqua un po' ovunque. Davanti a loro sono sorte delle case, dei palazzi, più o meno fatiscenti. I canali sono degli immondezzai, delle vere cloache, in cui viene riversato di tutto. E qua e là, lungo le strade di scorrimento, falò, con fumi densi, neri, dove brucia di tutto! E noi che in Europa si diversifica tutto; io in Maremma anche... Tu che stai attenta all'uso della plastica... Io alle severe normative sull' "abbruciameto": consentito in Toscana e in Maremma (nei periodi ovviamente consoni); ma non in Val d'Ossola, in Piemonte, dove ho terreni da pulire... Cercando di smaltire il tutto in compostiere!!
Ma tutto questo ha un senso??? Ha una ragion d'essere???
Hai sollevato importanti problemi; potremmo continuare ancora per ore...
Un abbraccio, a presto!
Mi sembra un’analisi molto interessante, grazie!