Notizie da Quadra Island, British Columbia, Canada
Vi scrivo da un luogo un po' nascosto, con una storia altrettanto nascosta
Carissimi amici dei Pensieri Nomadi, ben trovati.
Ho preso un mesetto di pausa dall’ultimo post, ogni tanto ne ho bisogno. Scrivo da tanti anni questi pensieri e periodicamente sento la necessità di rinnovare lo spirito con cui lo faccio.
Nel frattempo sono arrivata in Canada, sbarcando a Vancouver, dove ho raggiunto il mio compagno Giorgio che ha terminato un imbarco da queste parti. Completiamo un viaggio in parallelo iniziato a giugno, lui via mare e io via terra, partito da Hong Kong e proseguito in Giappone, in Hokkaido, e concluso qui.
Abbiamo davanti a noi un po’ di tempo per fare un giro in questo nord che ci piace molto. Io sto sempre lavorando, ma me la cavo anche in viaggio perché al momento le scadenze non sono pressanti e un po’ alla volta riesco a star dietro a tutto.
Vancouver è una di quelle città che sta sempre in cima alle classifiche per la qualità della vita. E si capisce. E’ molto organizzata, orientata alla sostenibilità e sta in un bel posto, immersa in una natura di grandi alberi di cui sto cominciando ad avere qualche assaggio. Ci sono molti giovani e moltissimi immigrati, verrebbe da dire più asiatici che canadesi. Filippini, indiani, ma soprattutto cinesi, provenienti in particolare da Hong Kong dopo la fine del periodo inglese.
E’ una città di benestanti in cui c’è tanta gente in disagio, per miseria, droga, alcolismo. Si vede per strada, sui mezzi pubblici, in una proporzione nettamente superiore a quella a cui siamo abituati in Europa. E ti butta in faccia una contraddizione del nostro tempo che si registra ovunque: dove cresce la ricchezza, c’è sempre più povertà diffusa.
La città mi fa piacere per qualche giorno poi diventa pesante. E qui sei fortunata, perché appena esci sei in un ambiente fantastico.
Quadra Island è una delle tante isole scavate dal ghiaccio che si trovano in quest’area della British Columbia. E’ a soli 10 minuti di traghetto dall’isolona che sta davanti alla città, più turistica e conosciuta, ma è una perla incontaminata di mare, laghi interni e foreste di abeti altissimi che arrivano fino all’oceano. Nei mesi estivi è il paradiso del kayak, per le sue baie protette, in questa stagione è un luogo di pace e silenzio. Camminando, oggi abbiamo incontrato qualche essere umano e le foche, a prendere quel poco di sole che finalmente si è fatto vivo. Un vero idillio.
La gente abita in tre piccoli centri e in casette nascoste nel bosco. Una ce l’abbiamo anche noi. Si raggiunge da un vialetto cui si accede dalla strada principale, è in fondo, circondata dagli alberi. E’ in legno, piccolissima e attrezzata di tutto. E’ nuova e ben messa per gli ospiti, ma ce ne sono alcune sull’isola che sono ingegnosi accrocchi di case-camper-tende-macchine, estesi su ampi lotti di foresta privata. In uno stile disinvolto e originale che ho incontrato un po’ ovunque nei paesi del Commonwealth.
Su queste isole si trovano gruppi di nativi, le First Nations, come le chiamano qui. E’ la solita vecchia e bruttissima storia delle riserve, dove si radunano comunità indigene sopravvissute al genocidio perpetrato dai dominatori europei che nel Seicento hanno colonizzato le terre canadesi.
Proprio in questo periodo, il 30 settembre, si è celebrato il Giorno della verità e della riconciliazione, istituito per ricordare i bambini indigeni allontanati dalle famiglie e obbligati a frequentare le “scuole residenziali”, vere e proprie prigioni dove i giovani venivano completamente spersonalizzati della propria lingua e cultura. Questa pratica si è protratta dalla metà dell’Ottocento agli anni novanta del Novecento e soltanto negli anni 2000 è stata riconosciuta una responsabilità del governo e della chiesa.
Una testimonianza toccante l’ho avuta a Vancouver assistendo al racconto di un uomo nativo costretto a questo destino. Mi sono particolarmente commossa quando ha parlato nella sua lingua, tramandata segretamente - e illegalmente per il governo canadese - dai suoi genitori.
Il popolo Laich-kwil-tach ha abitato Quadra Island per millenni. Qualcosa rimane, ma sono civiltà ormai sepolte. We Wai Kai, Wei Wai Kum, Walitsima, Kahkahmatsis, Kwiakah … chi conosce questi nomi? Sono decine i popoli originari del Canada che non hanno più identità, spazzati via. Una ragazza bianca mi raccontava che ancora oggi se ne parla poco a scuola, lei non ne ha saputo niente per quasi tutto il suo ciclo di studi.
Ciao Cri...
Il tuo racconto dei popoli nativi è un pugno allo stomaco in questi giorni, mesi in cui assistiamo a nuovi stermini.
Non so più cosa pensare ...cosa dire.
Camminiamo tutti su un tessuto di sofferenza nuova e antica. Un dolore che è da guarire ferita per ferita con un calarsi dentro dove si trova quello squarcio di cielo che noi siamo è che è capace di amare incondizionatamente perché vede la sofferenza.
Stamattina seduta in meditazione ho come toccato qualcosa che mi ha fatto comprendere che la pace si fa se si comprendono le sofferenze di vittime e carnefici. Come dire fermo la tua mano che colpisce e poi lecco anche le tue ferite. Ogni violenza nasce da dolore profondo e solo se ci curiamo a vicenda la pace potrà emerge da sé.
Sono sante le parole del Budda la sofferenza esiste e ha delle radici che si possono tagliare è qui la chiave. Ci dice che la strada c'è.
Iniziamo trovando in noi quello squarcio di luce che sa vedere in profondità e libera energia aggregante che genera il noi che poi è l'amore di cui siamo costituiti.
Un abbraccio