2 Commenti
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Avatar di Anna

Ciao Cri...

Il tuo racconto dei popoli nativi è un pugno allo stomaco in questi giorni, mesi in cui assistiamo a nuovi stermini.

Non so più cosa pensare ...cosa dire.

Camminiamo tutti su un tessuto di sofferenza nuova e antica. Un dolore che è da guarire ferita per ferita con un calarsi dentro dove si trova quello squarcio di cielo che noi siamo è che è capace di amare incondizionatamente perché vede la sofferenza.

Stamattina seduta in meditazione ho come toccato qualcosa che mi ha fatto comprendere che la pace si fa se si comprendono le sofferenze di vittime e carnefici. Come dire fermo la tua mano che colpisce e poi lecco anche le tue ferite. Ogni violenza nasce da dolore profondo e solo se ci curiamo a vicenda la pace potrà emerge da sé.

Sono sante le parole del Budda la sofferenza esiste e ha delle radici che si possono tagliare è qui la chiave. Ci dice che la strada c'è.

Iniziamo trovando in noi quello squarcio di luce che sa vedere in profondità e libera energia aggregante che genera il noi che poi è l'amore di cui siamo costituiti.

Un abbraccio

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Avatar di Cristina Rolfini

Hai ragione ... E come è difficile avere uno sguardo profondo che comprende le contraddizioni, più semplice è schierarsi. Eppure a volte è necessario prendere posizione per fare valere la giustizia pur comprendendo il dolore del carnefice, come nel caso del conflitto israelo-palestinese.

Coltivare la pace passa anche attraverso la conoscenza. Quell' uomo nativo ha fatto della testimonianza la missione della sua vita, per fare pace con quella ferita bisogna tirarla fuori, mostrarla, divulgarla. Non è una garanzia di non ripeterla ma è una condizione.

Grazie sempre per le tue riflessioni, completano le mie 🙏

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