Quella dell'albero e della piroga è davvero una bella storia... Me la porto dentro perfino nel cognome... È nel mio DNA...
I miei antenati, alle falde del Monte Rosa, agli inizi del '400 erano dei boscaioli: gente umile, ma con i piedi ben piantati per terra! Divennero presto conduttori di una fantastica e misteriosa via: fatta tutta di tronchi, di tavolato in legno, e sospesa nel vuoto... Venivano chiamati i "della Cioenda"; poi i "della Ciodenda" e avanti così... Il significato etimologico della parola "Cioenda" (peraltro, di origine onomatopeica) è proprio legata allo scivolamento... Infatti, attraverso questa mirabile 'via', facevano scivolare a valle - dai boschi sopra Macugnaga, lungo la Valle Anzasca, oltre le gole del Morghen, e giù giù fino al Toce, in Val d'Ossola - tronchi e tronchi d'albero... Questi, venivano poi legati assieme, per diventare vere e proprie zattere (delle vere piroghe...): per trasportare merci e legname (anche fino a Milano). I "della Cioenda", lasciarono poi le montagne; abbandonarono al suo destino questa incredibile opera, per spingersi agli inizi del '500 giù in Val d'Ossola; eppoi a Roma... Qualche storico locale, nel parlare di loro, tempo fa ha scritto un articolo, dal titolo: "Dai tronchi, agli allori"...
In Val d'Ossola, di queste "Cioende", ne esistevano diverse, almeno fino all'inizio del '900. Ma, senza dubbio, come ci testimonia anche Antonio Stoppani ne "Il Bel Paese" (che fu il suo più celebre libro d'indirizzo storico-geografico, uscito in più edizioni intorno al 1870 ca: e d'importanza capitale nell'insegnamento delle scuole dell'Italia Unitaria) - la "Cioenda della Valle Anzasca" risultava allora un monumento d'archeologia industriale: che sarebbe dovuto essere preservato a tutti i costi. Invece, di lì a breve, se n'è persa completamente ogni traccia!
C'è un tempo per essere albero e un tempo per essere piroga.
Quella dell'albero e della piroga è davvero una bella storia... Me la porto dentro perfino nel cognome... È nel mio DNA...
I miei antenati, alle falde del Monte Rosa, agli inizi del '400 erano dei boscaioli: gente umile, ma con i piedi ben piantati per terra! Divennero presto conduttori di una fantastica e misteriosa via: fatta tutta di tronchi, di tavolato in legno, e sospesa nel vuoto... Venivano chiamati i "della Cioenda"; poi i "della Ciodenda" e avanti così... Il significato etimologico della parola "Cioenda" (peraltro, di origine onomatopeica) è proprio legata allo scivolamento... Infatti, attraverso questa mirabile 'via', facevano scivolare a valle - dai boschi sopra Macugnaga, lungo la Valle Anzasca, oltre le gole del Morghen, e giù giù fino al Toce, in Val d'Ossola - tronchi e tronchi d'albero... Questi, venivano poi legati assieme, per diventare vere e proprie zattere (delle vere piroghe...): per trasportare merci e legname (anche fino a Milano). I "della Cioenda", lasciarono poi le montagne; abbandonarono al suo destino questa incredibile opera, per spingersi agli inizi del '500 giù in Val d'Ossola; eppoi a Roma... Qualche storico locale, nel parlare di loro, tempo fa ha scritto un articolo, dal titolo: "Dai tronchi, agli allori"...
In Val d'Ossola, di queste "Cioende", ne esistevano diverse, almeno fino all'inizio del '900. Ma, senza dubbio, come ci testimonia anche Antonio Stoppani ne "Il Bel Paese" (che fu il suo più celebre libro d'indirizzo storico-geografico, uscito in più edizioni intorno al 1870 ca: e d'importanza capitale nell'insegnamento delle scuole dell'Italia Unitaria) - la "Cioenda della Valle Anzasca" risultava allora un monumento d'archeologia industriale: che sarebbe dovuto essere preservato a tutti i costi. Invece, di lì a breve, se n'è persa completamente ogni traccia!
C'è un tempo per essere albero e un tempo per essere piroga.
Fantastica questa storia