Overtourism. Come non cascarci dentro
Rimedi per viaggiatori indipendenti e riflessioni di un'anti-snob
In questi giorni sto lavorando a Milano, la mattina presto riesco a stare sul balcone, poi in biblioteca quando il caldo non dà tregua. Destagionalizzare i viaggi è certamente un modo per contrastare il sovraturismo. Ma non tutti se lo possono permettere.
Turisti tornatevene a casa!
E’ agosto e si ripresenta il problema del sovraffollamento turistico. In realtà, mai come quest’anno il tema è presente su tutti i media per effetto delle prime manifestazioni organizzate in Spagna, alle Canarie e alle Baleari contro il turismo di massa, che sta rivelando ormai senza pietà il suo volto distruttivo per i residenti che lo subiscono e i territori che ne soffrono l’intollerabile pressione.
Colpiscono gli appelli ai turisti di tornarsene a casa, i cartelli e gli anatemi apparsi nelle spiagge, le scritte sui muri, le marce dei residenti tra i bagnanti, la gente furibonda a Valencia, come a Barcellona, Amsterdam e Las Palmas. Che si vede sequestrare la città, il mare e la quiete da milioni di persone che ogni anno si riversano concentrandosi negli stessi luoghi negli stessi periodi. Questo è il punto.
Il sovraturismo - overtourism come viene definito con un termine inglese, - è un fenomeno del nostro tempo che non ha eguali nella storia. E’ figlio della globalizzazione, che ha reso accessibile quasi ogni angolo del pianeta; della mobilità senza limiti, possibile per un numero crescente di persone che possono spostarsi in diversi punti del pianeta velocemente e con costi a misura dei più diversi portafogli; del benessere, che fa venir voglia di viaggiare, in Europa come in Asia, appena si riesce a mettere via qualche risparmio; dei social, dove influencer e gente comune pubblicizzano siti che diventano attrattivi per un pubblico potenzialmente infinito.
Uno su tutti: Como Lake, il brand universale che ha ormai sostituito il nostrano lago di Como, una meta che ha scalato le vette internazionali al pari di Bali.
Ciao, benvenuto e benvenuta tra i Pensieri Nomadi 🌹
Se ancora non mi conosci, mi chiamo Cristina. Vivo e lavoro viaggiando e i miei movimenti geografici ed esistenziali li racconto qui: www.pensierinomadi.it. Se ti fa piacere rimanere in contatto via mail puoi iscriverti alla newsletter, oppure scrivi a cris.rolfini@gmail.com. Scambiare esperienze, visioni e sentimenti è lo scopo di questo blog. Grazie e buona lettura 😊
L’overtourism siamo noi
Attenzione però. Sono allergica a qualunque tipo di retorica e voglio dire subito che il sovraffollamento turistico, con tutte le sue problematiche ambientali, umane ed economiche, è figlio anzitutto dei nostri comportamenti, dei nostri desideri, di come sono organizzate le società e di come scegliamo di vivere le nostre vite. Non dobbiamo attribuirlo snobisticamente a qualcun altro, come vedo spesso fare dai suoi critici, ci siamo dentro tutti.
Certi suoi aspetti sono difficili da evitare. Pensiamo proprio alle ferie d’agosto, per moltissimi lavoratori e lavoratrici sono ancora oggi le uniche possibili, per non parlare del calendario scolastico che detta i ritmi delle vacanze per la gran parte delle famiglie. Per rimanere sull’esempio italiano, la maggioranza delle persone si muove tutta negli stessi periodi. Attratta dai luoghi nazionali e internazionali più belli, famosi e relativamente accessibili. Di che cosa stupirsi?
Ma il turismo non è un diritto di tutti?
Al di là della prospettiva locale, c’è però anche un altro lato della questione molto, molto significativo, di cui mi sono resa conto viaggiando in Estremo oriente per cinque mesi. Il sovraffollamento è anche il risultato di come si è evoluto il mondo. Fin verso gli anni Duemila viaggiavamo soltanto noi occidentali, ed era una pacchia, diciamocelo. Oggi che la globalizzazione ha distribuito un po’ di benessere anche agli altri popoli, si muovono tutti: i turisti che piroettano in giro sono circa 1 miliardo e mezzo, tra europei, nordamericani e soprattutto asiatici. L’overtourism che ho trovato in Giappone è fatto di cinesi e sudcoreani prima che di europei, e lo stesso vale per Bali, letteralmente assalita dagli indiani e dai russi. E qui c’è poco da essere snob, perché il turismo non si nega a nessuno.
Al sovraturismo concorrono dunque elementi diversi che, ci piaccia o no, sono specchio della società; ma per capirli, e per capire come affrontarli, è bene tenerli distinti dalle sue degenerazioni aberranti, rappresentate al massimo grado dalle navi da crociera. Veri e propri “mostri” ecologici e sociali che, portando all’estremo il fenomeno del turismo organizzato, stanno provocando danni gravissimi a una quantità di territori e isole in tutto il mondo. Dalla fragile e meravigliosa Venezia (le navi non approdano più ma le orde si), ai meravigliosi e fragili atolli della Polinesia, che non sono in grado di sopportare l’impatto. Ne ho parlato qui.
Che cosa possiamo fare?
Non esistono mai soluzioni semplici a problemi complessi, e qui il problema è enorme e richiederebbe un concerto di interventi pubblici su diversi piani. Siccome alcune località sono allo stremo e la gente comincia a ribellarsi, qualcosa si muove anche nelle amministrazioni per arginare flussi eccessivi di persone: dalla tassa di ingresso di Venezia, ai numeri chiusi delle spiagge del Conero, al blocco degli affitti brevi a Barcellona, ai muri anti-selfie giapponesi per oscurare il monte Fuji. I provvedimenti fanno l’effetto di svuotare il mare col secchiello ma l’importante è cominciare, e soprattutto cominciare a parlarne e a far circolare un po’ di sensibilità sull’argomento.
«Il turismo come lo conosciamo ha i giorni contati, si spera» è il titolo di un articolo che riassume bene gli aspetti più significativi della questione, e di cui condivido la speranza. Te lo lascio in lettura.
Nel frattempo, possiamo provare a trovare soluzioni personali che ci consentano di non caderci dentro del tutto o di evitare di praticarlo, in una logica di rispetto non soltanto di noi stessi e delle nostre esperienze di viaggio ma di rispetto sociale e ambientale per i luoghi e le persone che vi abitano. Tenendo sempre presente che anche noi siamo ad un tempo coloro che si muovono per viaggiare e coloro che ricevono chi viaggia nel proprio territorio.
Kepa, arcipelago di Alor, Indonesia orientale. Una meta alternativa e sostenibile al sovraffollamento di Bali, dove tutti si riversano, chissà perché, pur avendo a disposizione un continente di isole meravigliose, altrettanto accessibili e contenute nei prezzi.
“Come” viaggiare: il parametro più importante
In questa fase storica viaggiare significare dunque fare scelte il più possibile alternative al flusso prevalente del turismo organizzato e del turismo dei gruppi che, fortunatamente per i viaggiatori singoli, è abbastanza prevedibile perché si dirige sempre negli stessi siti. Ma ormai non sempre nelle stagioni canoniche; gli anziani ad esempio, che oggi si muovono moltissimo, li trovi in giro sempre. E anche le navi sono in grado di scaricare a terra migliaia di visitatori quando meno te lo aspetti.
Tuttavia, i viaggiatori indipendenti possono sfruttare una libertà di movimento e una flessibilità che i gruppi non hanno, soprattutto quelli asiatici che sono piuttosto irregimentati. Questa flessibilità e un tempo sufficientemente disteso servono soprattutto nei siti più turistici che si vogliono comunque visitare, perché alcuni sono certamente bellissimi e sarebbe un peccato perderseli.
Ma il segreto è starci un po’. Almeno qualche giorno in posti normalmente visitati in poche ore. Ho sperimentato questa tattica in Giappone, grazie alla quale mi sono goduta in solitaria scenari mozzafiato e ho partecipato a cerimonie straordinarie, ad esempio la mattina o al tramonto, quando tutti se ne erano andati.
Questo atteggiamento presuppone che non vogliamo “vedere tutto” né “fare in fretta”. Ossia, che non ci imbrigliamo noi stessi negli schematismi del turismo. Non è facile, perché la sua logica commerciale ci condiziona e ha cambiato il nostro modo di muoverci nel mondo, ma per tornare a fare significative esperienze dobbiamo provare a liberarcene.
Ne saremo felici, e nei nostri ricordi rimarranno specialmente quei momenti di immersione, di incontro e di non-organizzazione che saremo stati in grado di concederci senza paura. E anche quel posto che alla fine abbiamo deciso di non vedere perché stavamo troppo bene dove eravamo.
Il parametro “come” nella mia esperienza è il più importante, perché è quello che ci consente di tornare davvero trasformati da un viaggio. Comprende la spontaneità, la capacità di improvvisazione e di adattamento a situazioni inaspettate, di cambiare direzione su consiglio di un altro viaggiatore, l’essenzialità non soltanto dei nostri bagagli ma anche di noi stessi. Implica lasciarci almeno per un periodo alle spalle le nostre cose di sempre e tuffarci nel nuovo.
Comprende la possibilità di concepire il viaggio non come un appuntamento tra gli altri, una parentesi: nel tempo del turismo mordi e fuggi, il viaggio deve tornare ad essere un evento speciale della propria vita che merita un tempo dedicato. E questo, oltre che avere un impatto straordinario sulle nostre esistenze, avrà anche un diverso impatto ambientale: non prenderò un aereo per stare via quattro giorni, ma, nella consapevolezza di quanto possa costare in termini ecologici, cercherò di ammortizzarlo il più possibile. E in loco mi muoverò coi mezzi pubblici di terra o di mare per gustare passo dopo passo ciò che mi circonda.
Contro l’overtourism ci muoveremo quindi meno, in modo più sostenibile, con tappe più larghe, in modo più mirato e significativo per noi. Anche perché - provare per credere - un viaggio più lento ed essenziale è anche un viaggio meno costoso. Ne ho parlato qui.
Dove e quando, la libertà di andare in direzione contraria
Il quando condiziona molto la scelta del dove perché naturalmente non tutte le stagioni sono buone per visitare un determinato posto. Se questo è vero, però, c’è anche sempre una nostra pretesa di avere sempre le condizioni migliori. E queste ce le dicono le guide turistiche, facendoci scartare altri periodi altrettanto interessanti e molto meno cari. Sono stata a Tahiti durante la stagione delle piogge, quando di solito non si va: uno spettacolo di torrenti e foreste rigogliosissime. Altro che stagioni giuste e sbagliate!
Nel momento della scelta, pertanto, è importante consultare altri che hanno viaggiato in quel luogo; ci sono molti gruppi utili sui social a questo proposito a cui chiedere consigli e persone che amano anche essere contattate in privato. Ci sono anch’io se vuoi.
Senza contare che i cambiamenti climatici si fanno sentire e hanno mutato in parte le stagionalità tradizionali. Quando sono andata in Svezia a ottobre-novembre non faceva poi così freddo, i paesaggi erano incantevoli, i prezzi buoni e la gente pochissima. Ne ho scritto di recente in questo articolo.
Elogio dei luoghi marginali
Da ultimo, vorrei fare un elogio dei luoghi marginali rispetto ai più battuti, che ho già proposto su questo blog. Sono i luoghi che stanno intorno a quelli turistici, di passaggio, più lontani da raggiungere o dove “non c’è niente” da vedere, come si sente spesso dire. Posti non segnalati che puoi intercettare esplorando e facendoti portare dalla curiosità di andare a scoprire come vive lì la gente, cosa c’è dietro l’angolo. In bus, in motorino, a piedi, con una fermata di treno.
Ne ho scoperti di bellissimi e di interessanti: ho raccolto qui quelli che ho amato di più in Asia.
In generale, almeno per un po’, dovremmo escludere i luoghi che hanno più pressione turistica: fare come con il pesce, lasciarli a riposo ecologico. E lasciare in pace le oasi protette, ci sono così tanti bei posti al mondo che è inutile andare a disturbare con le nostre gite i luoghi incontaminati. Sei disposto o disposta?
Mi dirai: non tutti sono disponibili, né possono viaggiare così. Ne sono consapevole. Ma ciascuno può lasciarsi ispirare e cogliere anche soltanto qualche elemento da portare con sé nel prossimo viaggio.
Cosa ne pensi?
È una bella disanima, ricca di spunti e valutazioni, la tua. Non posso che concordare pienamente su tutto quel che dici... Firenze, al pari di Venezia, e di tante altre città d'arte, sta ormai diventando un vero "mangificio"... Intere strade hanno cambiato inesorabilmente, e per sempre, il loro volto. Il 'cardo' e il 'decumano' non sono più la stessa cosa, da ormai tantissimo tempo! E questo fenomeno, a macchia d'olio, ha man mano conquistato intere aree della città... Firenze, come le altre città d'arte, si sta adeguando a questi tempi, al tipo di turismo attuale: "mordi e fuggi", che è di una mediocrità culturale che fa spavento... Ma che porta denaro, e fa muovere tanto denaro! Un tempo, con il "Gran Tour", era una élite, un piccolo gruppo di persone, che si muoveva e si metteva in viaggio. Ma quando lo faceva, lo faceva per studio, per approfondire la propria conoscenza: per un vero sapere!!! (Si portavano dietro tavolozze, acquerelli, matite e riproducevano i loro monumenti. Poi è stata la volta della macchina fotografica). Tutto questo fenomeno è proseguito almeno fino a tutti gli anni '50, diciamo anche parte degli anni '60... Poi, con il boom economico, tutto è cambiato. Tutto è cominciato a cambiare... Quello a cui assistiamo oggi è un turismo per lo più di massa: dove non vi è neanche vera consapevolezza di cosa si sta andando a visitare... Non molto tempo fa, una coppia di persone che si trovava a due passi dal celebre Battistero di San Giovanni - in Firenze - mi è venuta a chiedere: "Scusi, dov'è il centro...?" Eppoi, subito a seguire: "Abbiamo sì e no due ore, che cosa ci consiglia di andare a visitare...?". Io - che, prima di organizzare un viaggio, compro almeno due o tre guide, medito, ci penso, leggo e mi documento - sono rimasto di sasso, senza parole!!!
Locali e botteghe storiche stanno lasciando ormai spazio a panini e gelati... E così, interi rioni o quartieri, un tempo unici - come quello di Oltrarno e San Frediano - dove si andava solo per il piacere, il gusto di entrare in botteghe di restauro o antiquari; oppure per varcare la soglia di antichi 'pizzicagnoli', o di semplici verdurai, hanno tutti ceduto ormai il passo a dozzinali 'foods'. Tutte le città più importanti, famose, sembrano man mano assomigliarsi... Parigi anche. Budapest pure! Dunque, il problema di fondo è dettato dal tipo di turismo! Dalla sua preparazione, dal suo livello culturale...!
È notizia di due giorni fa, tratta da un articolo di giornale locale (con tanto di foto):
La Nazione
Firenze
Cronaca
Imbrattano Ponte Vecchio con un pennarello, stangata sui turisti-vandali: pagheranno più di 10mila euro
14 ago 2024
Due giovani stranieri hanno scritto i loro nomi con un pennarello nero
NICCOLO' GRAMIGNI
Cronaca
Firenze, 14 agosto 2024 - Hanno scritto il loro nome sul Ponte Vecchio a Firenze ma sono stati colti sul fatto dalla polizia municipale che li ha multati. Protagonisti due turisti stranieri, di 21 e 23 anni, che adesso verranno multati sulla base della legge del 22 gennaio di quest'anno che ha inasprito le sanzioni amministrative in caso di distruzione, deterioramento e imbrattamento di beni culturali. Si va da un minimo di 10mila euro fino a 40mila euro.
Il fatto, si legge in una nota del Comune, risale a lunedì pomeriggio. I due turisti sono stati notati da una pattuglia mentre stavano scrivendo con un pennarello nero i loro nomi su un muro di Ponte Vecchio. I due giovani sono stati quindi accompagnati presso gli uffici della polizia municipale per gli atti previsti.
"Serve rispetto per la città, ora punizioni esemplari - commenta l'assessore alla Sicurezza Andrea Giorgio -. Chi viene a Firenze deve rispettare i suoi monumenti e i fiorentini. Per questo ringrazio la polizia municipale, sempre impegnata nel contrasto ai comportamenti scorretti nel nostro centro storico, a tutela della legalità, del decoro urbano e dei nostri monumenti".
Negli anni precedenti, non c'era giorno che qualche turista (il più delle volte straniero) - anche solo per una bravata, per farsi fotografare, o farsi uno stupido inutile selfie - si mettesse a scalare una delle statue equestri, ed altre marmoree, di Piazza della Signoria; rompondone una volta un braccio, un'altra volta una zampa, o un piede... La Soprintendenza doveva poi correre subito ai ripari; cercando di restaurarla, nel miglior dei modi possibile. I baldi giovani restavano spesso impunti, soprattutto se il fatto avveniva di notte!
Ormai sono cambiati i tempi della tavolozza, degli acquerelli e delle matite... e del rispetto che si aveva per tali, importanti monumenti!
C'è ignoranza; la cultura è cambiata e con essa il livello culturale dei più!
Mi sembrano tutti ottimi consigli!