Viaggiare nell'epoca del turismo. Pensieri da Oriente
Oggi viaggiare significa bucare la bolla del turismo. In altre epoche era diverso, ma nella nostra chi vuole viaggiare deve fare i conti con la massa. E allora, come fare?
Invito alla festa nel villaggio dei Khmu, Nord Laos. Una delle più belle sorprese del viaggio.
USCIRE DAL SEMINATO
Stasera scrivo da Phongsali, una piccola cittadina a nord del Laos, quasi al confine con la Cina. E’ una località di montagna, intorno ai 1400 metri, attraente per i suggestivi paesaggi di nebbia e foresta e i 14 gruppi etnici che abitano nella provincia. Fa piuttosto freddo in questa stagione (abbiamo persino comprato una stufetta al mercato per scaldare la stanza in cui alloggiamo) e i visitatori si contano sulle dita di una mano.
E’ quello che si potrebbe definire il Laos profondo, remoto e complicato da raggiungere - una decina di ore di bus da Muang Xai su strade abbastanza bucherellate - per chi segue il circuito turistico classico delle città capitali e delle località più rinomate.
Qui non c’è molto da vedere o fare, è infatti assente il turismo giovanile tipico del Sud Est asiatico. Ci sono pochi servizi, si cammina e c’è la gente più variopinta del Laos. E’ quello che mi piace e il motivo per cui sono arrivata fin quassù.
Una signora di etnia cinese si prepara per il grandioso matrimonio che si svolge dietro la nostra guesthouse.
Per dribblare il turismo di massa bisogna anzitutto uscire dal seminato, almeno per alcune tappe. Non è difficile, dato che spesso il flusso si concentra tutto nella stessa direzione e nella stessa stagione. Ma ci vogliono il tempo e la voglia. Soprattutto la seconda, perché può significare stare scomodi, uscire dalla zona di comfort garantita dagli standard del turismo nei posti più battuti. A Phongsali alloggi, cibo e trasporti richiedono spirito di adattamento e non troppe sofisticherie. Appena si arriva, ci si accorge subito di quanto siamo viziati.
LA BOLLA TURISTICA
Il punto però è perché farlo. Si possono trovare diverse motivazioni, per me il cuore del problema è questo: l’organizzazione turistica, oltre una certa misura, crea una bolla intorno ai luoghi e alle persone che li abitano, un filtro che li allontana e non permette di raggiungerli realmente.
Nella bolla del turismo sono spettatrice, non mi mischio, non comunico e nemmeno ciò che incontro riesce a comunicare davvero con me. Se voglio toccare le cose più da vicino, se voglio scambio e conoscenza devo bucare la bolla e provare ad andare oltre.
In certe località questo è più necessario che in altre. Qui in Laos, per esempio, dove il turismo - in particolare il turismo cinese fatto di grandi gruppi - insiste su pochi siti, lasciando il resto vuoto. Lo stesso accade in Indonesia (tutti vanno a Bali, ma perché poi?) E’ una caratteristica tipica dei Paesi poveri; se il benessere è più diffuso, anche il turismo è più diffuso e la pressione meno invasiva.
IL TEMPO GIUSTO
Uscire dal seminato e viaggiare in località marginali - nel “recondito”, come mi piace ironicamente definirle - non è l’unico modo per togliere un po’ di filtri e recuperare un contatto più autentico e meno commerciale con ciò che ci circonda. Ci sono posti obiettivamente molto belli, ancorché affollati, che sarebbe un peccato evitare. Una possibilità è passarci un po' di tempo in più della tipica toccata e fuga turistica. Ho sperimentato varie volte in questo viaggio, come in altri, che fa proprio la differenza.
I luoghi, come le persone, si rivelano poco a poco, bisogna avere pazienza e darsi il tempo perché eventi o incontri interessanti possano emergere anche dalla congestione. Il viaggio lento permette di sedimentare ciò che si conosce e di conoscere ciò che si attraversa.
Anticipo l’obiezione: e se uno non ha tutto questo tempo? La risposta è articolata. Anzitutto, è una questione di priorità, del valore che si dà al viaggio, o a quel viaggio, quel cammino particolare che si intende fare nella propria vita. Se è importante, troveremo il tempo giusto e risparmieremo le risorse per realizzarlo. E’ una scelta e proveremo in tutti i modi a organizzarci di conseguenza. Altrimenti, altrettanto saggiamente, commisureremo lo spazio che intendiamo percorrere al tempo che abbiamo a disposizione, senza stiparlo e senza paura di rinunciare all’estensione per andare in profondità.
Il turismo si sposa bene con il mondo veloce in cui viviamo, con l'accumulo e il consumo. Il viaggio, come il cammino, ci chiama a cambiare prospettiva. E forse anche vita.
UN MODO TUTTO NOSTRO
Non è quindi soltanto una questione di spazio (dove andiamo) e di tempo (quanto ci stiamo), ma anche di modo. Di come stiamo in un posto, come lo scopriamo, come lo viviamo. Perché ci andiamo, come ci andiamo, che cosa ci interessa.
Il modo in cui stiamo nelle cose ha sempre un interno e un esterno.
Del primo ambito, fa parte la qualità principe: l'attenzione, l'osservazione dei dettagli. Il cibo, gli abiti, gli oggetti, la musica. Il mercato, il tempio, i monaci, la stazione dei bus, la strada. Tutto in Oriente succede nella strada. Quante volte mi incanto a osservare i gesti più minimi fino a comporre nella mia mente un puzzle di senso.
Del secondo, fanno parte le soluzioni più varie e creative. A me piace moltissimo spostarmi via terra con i mezzi pubblici e scoprire il territorio a piedi o in motoretta, adattissima per questi posti. Dormire nelle strutture familiari, negli ostelli o incontrare un amico Servas, la rete internazionale di ospitalità gratuita, di cui anch’io faccio parte. Mi piace anche alternare un giorno di movimento e un giorno più calmo, dove lavoro e giro piano piano per il villaggio.
Il viaggio è un’esperienza intima, di incontro, che sfugge agli standard della proposta turistica. Uno spazio e un tempo in cui scegliamo di costruire a modo nostro un frammento speciale di vita. E non c’è bisogno di andare chissà dove.
Montagne, nebbia, foresta, risaie.
4 MESI IN ESTREMO ORIENTE. I LUOGHI (MARGINALI) CHE HO AMATO DI PIU’
A molti ho dedicato dei post, li trovate nei link arancioni
Indonesia
Bali: Danau Buyan e i laghi al centro dell’isola. Villaggi di campagna defilati dal traffico di Ubud; si cammina in belle foreste. Pace, tranquillità e piantagioni di fragole.
Bali ovest: isoletta di Menjangan. Fantastico snorkeling, i cervi sulla spiaggia, il tempio indù affacciato sul mare.
Bali sud est: Serangan. Un piccolo villaggio di pescatori malmesso. Un matrimonio, un funerale, una lezione di musica tradizionale, la celebrazione di full moon nel tempio. Esperienze indimenticabili.
Borneo, Kalimantan. Le cittadine di Palangkaraya e Pangkalanbuun, non gli dai una lira e invece sono interessanti. E poi la foresta pluviale, meno visitata di quella del Borneo malese. Gli oranghi saranno per sempre nel mio cuore.
Arcipelago di Alor: Kepa. Una piccola perla di mare e di luce. Ma anche le altre isole sono incantevoli e lontane in tutti i sensi da quelle più battute.
Arcipelago di Banda: Run. Un’isola veramente remota, e stranissima. A parte questa, Banda merita per la sua storia e la noce moscata.
Malesia
A nord, la foresta di Belum. Una vera sorpresa. Con elefanti e tigri allo stato selvaggio che per fortuna non si vedono.
Laos
A nord, Pak Beng. Per tutti è soltanto un luogo di passaggio per raggiungere la Thailandia in barca. Noi ci siamo fermati una settimana, e cambia tutto. Per non parlare della bellezza del Mekong da ammirare ogni giorno.
A nord nord, Phongsali. Un villaggio lontano, un po’ cinese, immerso nelle montagne. Freddo, ma suggestivo.
Ancora più remoto: Hatsa. Fermo nello spazio e nel tempo, sul fiume Nam Ou, uno dei grandi affluenti del Mekong. Qui finalmente ho trovato la poesia del Laos.
Ti continuo a leggere con immutato interesse. Quello che più mi colpisce è che mi stupisco ogni volta! Per la particolarità dei posti ma anche e soprattutto per come li vedi e per come li descrivi. Non è solo la piacevolezza del tuo stile nella scrittura ma per l'unicità del tuo stile di vita. Tanta ammirazione! 😘
Grazie sempre e comunque Cristina: fai viaggiare anche chi sta fermo! Abbraccio forte te e il capitano.