Lasciare piano piano Milano, e cambiare
La retorica del "mollo tutto" non mi appartiene. Io sono per la gradualità, anche se non va di moda.
Mochila, il mio inseparabile compagno di viaggio. Ha 20 anni e viene anche lui da Milano.
Luogo radice
Quando ci torno, Milano mi fa un effetto radice. È lo è: qui ci sono mia mamma, gli amici più antichi, il lavoro che facevo prima e che continuo adesso a fare da remoto. È qualcosa di molto familiare, che trovo soltanto qui rispetto a tutto il resto del mondo. Ma al tempo stesso estraneo.
Milano, più di altre, è una città che si usa, e io non la uso più da molti anni. Non sono interessata ai suoi servizi, all'offerta, come si dice, se non in minima parte. Perché in generale non ho un atteggiamento consumistico verso niente, oggetti o cultura, che è quello che più si addice a una città.
Quando ci sto, quasi non vivo la dimensione urbana, bensì soltanto quella affettiva.
Ciao, benvenuta e benvenuto tra i Pensieri Nomadi 💐
Ogni settimana scrivo di cose che sperimento intensamente: il cambiamento di vita, il viaggio come crescita e conoscenza, il nomadismo esistenziale e digitale. Se non lo hai ancora fatto, puoi iscriverti adesso
Le sue parti migliori
Considero, tuttavia, Milano un posto dove si può vivere abbastanza bene, è organizzata, sicura, e anche bella, di una bellezza discreta e spiccia, tipica di una città del fare.
Non sono tra quelli che non sopportano la città o la rifiutano come contesto. Anche nei viaggi amo visitarle, non le escludo per tuffarmi soltanto nella natura. Al pari di questa, sono ormai, nel bene e nel male, parte di noi.
A Milano sono nata, ho studiato e lavorato tantissimo, fatto politica, vissuto in condivisione con altri e in una casa tutta mia. E quando ho cominciato a cambiare, non ho chiuso con Milano, anzi: ho portato con me le sue parti migliori.
Le ho riconosciute allontanandomi, come spesso accade. L'importanza degli affetti, punti di riferimento essenziali; l'apertura, la disinvoltura, la modernità della metropoli rispetto alla provincia; l’abitudine alla multietnicità, che mi fa incontrare la diversità del mondo senza pregiudizi.
Il distacco graduale
Non credo nel “mollo tutto”, è pura retorica dei social. Anche chi lo afferma non lo fa, in realtà. In ogni caso, personalmente non considero il taglio netto un valore, ma una fuga, che prima o poi ti riporta dov’eri. La gradualità è meno eclatante ma più efficace, e forse più difficile. Richiede altrettanto coraggio ma un sovrappiù di determinazione e conoscenza di sé.
Se misuri man mano quello che stai facendo, la nuova realtà che ti trovi a vivere, come ti ci senti dentro, stai tranquilla che alla lunga la scelta regge, altrimenti puo risolversi in un colpo di testa, o in una delusione.
Sedentaria, seminomade, nomade
Prendo in prestito le tre categorie con cui gli studiosi descrivono la storia umana, ma all' incontrario. La sedentarizzazione, considerata universalmente il punto di arrivo della civiltà, nella mia personale evoluzione è il punto di partenza.
L’intera mia vita sedentaria si è svolta a Milano: 43 anni. Se li guardo adesso, mi sembrano un'infinità. Ho cominciato ad avvertire che un mutamento serio maturava in me quando ho trasferito i primi pezzi altrove. Non le vacanze, non i viaggi, quelli erano parentesi, ma affetti, quotidianità, lavoro.
Ho iniziato a pendolare su e giù con il Monte Argentario, dopo aver conosciuto il mio compagno. Vivevo sul treno, seminomade, un po’di qua, un po’ di là. E man mano il movimento, inizialmente sentimentale e geografico, diventava esistenziale, si ritagliava cioè uno spazio profondo su misura per me.
A Milano tenevo i ganci del lavoro e della casa, ma la mia testa si avviava a pensare diversamente, in modo nuovo. Mi accorgevo che l’andare non era puramente funzionale, mi entrava dentro e mi accendeva, viaggio dopo viaggio.
Amavo quel movimento, sentivo che non avrei potuto più farne a meno. Ed è ancora così.
Mi staccavo allora progressivamente non soltanto dalla città, ma da un certo modo di vedere le cose, connaturato alla mia milanesità: casa col mutuo ventennale, superlavoro a tempo indeterminato, volontariato serale, ritagli per qualche flash amicale. Un perimetro preciso e una concezione del mondo.
Una seconda pelle. Sentivo il bisogno di fare la muta.
La muta
Il primo strato l'ho tolto con le dimissioni, niente più lavoro fisso. Il secondo strato, con la vendita della casa di Milano. Il terzo strato, lasciando la casa dell'Argentario.
La muta è stata lunga, 6 anni. Con la pandemia in mezzo, che ha spazzato via gli ultimi residui di resistenza, facendomi vedere con una chiarezza inedita come avrei voluto vivere il futuro.
Quando uscirò sarò farfalla, mi sono detta.
Volare alto💐
Sto audio-leggendo le Confessioni di Sant’Agostino, una delle più grandiose introspettive (perdonate la licenza poetica) che siano mai state scritte. Non contano lo spazio e il tempo: teologo e filosofo di origine berbera vissuto nel IV secolo, eppure vicinissimo. Se vuoi immergerti nel suo racconto così universalmente umano, clicca QUI.
Retrospettiva
Le cose della vita non sono mai in fila, o cucite da un filo logico. Ma guardandole in prospettiva si può dare loro un senso, valutare la direzione che hanno preso. È “il senno di poi”, la condizione che permette un giudizio su ogni storia, la storia grande, come quella piccola di ogni essere umano.
Guardare così in se stessi dal proprio luogo radice significa anche domandarsi se oggi si sta bene dove si è o se la nostra pelle è pronta per una nuova muta.
No spoiler, ci risentiamo alla prossima.
Grazie del tuo tempo, e se lasci un commento sarò felice della condivisione.
Un caro saluto da Milano.
Cristina
Se non sei ancora sazia dei Pensieri Nomadi, te ne lascio un altro che magari non hai letto
Ciao Cristina. Mi ha fatto molto pensare questa tua riflessione, soprattutto la confutazione della retorica del "mollo tutto". Si rischia, in effetti, di scambiare lucciole per lanterne, facendolo: il senso di rivalsa sul mondo mette fuori fuoco la direzione che vorremmo intraprendere. "Piano piano" per me ha significato infatti, innanzitutto, sopire quell'impulso e iniziare a lavorare all'interno di quel 'tutto' per modificarlo.
E Milano... be', anche per chi, come me, ci è solo nata, vi è stata bambina e poi è ritornata per l'Università... appare sempre bellissima.
Grazie Cristina per questo racconto della 'tua' Milano; ritrovo spunti di riflessione sentendomi nella stessa direzione ma ancora 'frenata' da limiti che forse stanno solo nella mia mente. Buona ripartenza